Diffuse e “sostenibili”: il progetto per le nuove case popolari
L'amministrazione comunale vuole rivedere le regole previste dal Pgt oggi in vigore: ricavare nuovi alloggi all'interno della nuova edilizia, per evitare il rischio-ghetto
Nuovi alloggi di proprietà pubblica realizzati in modo “diffuso” per evitare il rischio dei ghetti: questa è l’idea dell’amministrazione comunale di Gallarate, che si appresta a modificare il Piano di Governo del Territorio anche su questo capitolo, stralciando anche gli interventi che toccavano zone già ad alta densita, come quella di via Curtatone. Lo spiega l’assessore all’urbanistica Angelo Senaldi: «È un aspetto importante: le aree già definite dal PGT in vigore (quello votato dal centrodestra un anno fa, ndr) sono in zone molto urbanizzate. Era una delle critiche che avevamo sollevato».
Per questo si pensa a stralciare due zone considerate problematiche: la prima è quella di Cedrate, via don Reina, la seconda quella di via Curtatone. Nel primo caso, la zona è problematica perché è attraversata da un elettrodotto, poco salutare per i (futuri) abitanti e fonte di difficoltà anche tecniche (bisognerebbe comunque prevedere le fasce di rispetto che “taglierebbero” l’area in più parti). Quanto all’altro insediamento previsto e che si vorrebbe stralciare, si tratta di quello di via Curtatone, zona dove ci sono già diversi complessi popolari e che sarebbe "appesantita" da nuovi palazzi. Per quest’area qui ci sono anche progetti alternativi.
L’alternativa pensata dall’amministrazione di centrosinistra è invece in linea con quella già proposta dalla (allora) opposizione, Pd e Sel: «valutare la possibilità di individuare alloggi di Edilizia Convenzionata nelle aree di trasformazione». Le aree di trasformazione sono quelle zone (prevalentemente aree industriali dismesse) che devono trovare una nuova funzione e su cui si potrebbe costruire: «nel Pgt in vigore – continua Senaldi – le aree di trasformazione prevedono sì interventi pubblici, ma prevede che vengano posizionati al di fuori dall’area». Tradotto con un esempio: fino ad oggi, secondo il piano in vigore, il costruttore realizza villette in zona residenziale e in cambio finanzia alloggi popolari, ma in tutt’altra zona. «Noi crediamo invece che si debba lavorare per creare integrazione e attenzione alla coesione sociale: gli interventi pubblici devono essere mantenuti dentro nelle aree di trasfromazione, con piccoli insediamenti di edilizia convenzionata».Così si eviterebbe la creazione di nuovi “ghetti”, si favorirebbe l’inserimento sociale e si troverebbe un accordo persino con gli operatori dell’edilizia, che in alcuni casi faticano a collocare tutti gli appartamenti. E del resto, a volte anche dal recupero dell’esistente si ottengono anche nuove case senza grandi concentrazioni (nella foto a destra: le case create a Samarate dentro vecchie corti del centro storico di San Macario). Certo, il sistema ha un suo punto debole: rimane legato al mercato (quando ripartirà?), ma in ogni caso ogni volta che si realizzerà un nuovo intervento si potranno raccogliere subito i frutti (un certo numero di alloggi pubblici per le fasce deboli).
Il secondo punto invece è il recupero dell’esistente, delle vecchie case popolari a volte malmesse: «L’amministrazione comunale e chi ci vive dentro si rende conto che la qualità degli edifici si sta abbassando, alcuni edifici sono veramente degradati dal punto di vista architettonico» dice Senaldi. Dunque? «È necessario fare una riqualificazione: ma per fare questo servono alloggi di rotazione». La "rotazione" era previsto in qualche modo anche dal vecchio Pgt, ma qui si vuole fare una modifica importante, che consenta di usare subito le risorse di nuovi interventi per far partire anche il recupero "ordinario" delle case, partendo (la mappatura è ancora in corso)da quelle più degradate, come ad esempio quelle di via Perugia. Ristrutturandole senza abbatterle e senza trasferirle in altre zone.
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