«Dopo la scossa quegli attacchi di panico e le strade intasate»

Livio Franz, ricercatore dell’Insubria, era a pochi chilometri dall’epicentro per studiare il fenomeno delle liquefazioni. “Siamo in stato d’allerta: le scosse dovute agli Appennini che proseguono sotto la pianura Padana”

terremoto emilia «Lo sciame sismico può essere un bene, se la forza del terremoto si “scarica” in scosse di minore entità. Ma può costituire un serio problema se va ad interessare zone vicine o strutture adiacenti, mettendo in moto altri e nuovi fenomeni».
Di previsioni, quando si parla di terremoti, è difficile farne. Ma l’opinione di Livio Franz, studioso dell’insubria è importante perché egli fa parte di un team che sta monitorando questi fenomeni da vicino.
Oggi, 29 maggio, durante le scosse, Franz era sul posto.
«Eravamo a Pegognaga, nel Mantovano, a una trentina di chilometri dall’epicentro. Ad un tratto, la terra ha cominciato a tremare e la gente s’è riversata in piazza: ho assistito a veri e propri attacchi di panico».
La cronaca dell’accaduto, come tante, ha un che di particolare perché è stata vissuta da uno scienziato che di solito “legge” i terremoti al sismografo, o quelli della storia nelle rocce, servendosi delle regole di una scienza che si chiama paleosismologia. Livio Franz infatti lavora al Dipartimento di scienze ed alte tecnologie dell’Università dell’Insubria. Il suo obiettivo è quello di verificare, assieme ad un pool di scienziati composto anche da esperti dell’Istituto Nazionale di Vulcanologia e Geologia, (l’Invg), i fenomeni che riguardano le abitazioni nel paese si Sant’Agostino, a Sud Est di Finale Emilia, uno dei centri devastati lo scorso 20 maggio.
«Si tratta dei fenomeni cosiddetti di “liquefazione” – spiega l’esperto. Questo paese, assieme alla frazione di San Carlo è stato costruito sul greto sabbioso del fiume Reno, deviato nell’800. Succede che ora questa sabbia è stata allagata a causa del terremoto e le fondamenta perdono aderenza per via della mancanza di attrito fra i componenti della sabbia che compone il basamento. Il risultato sono delle “fontane di sabbia” che si sono aperte in paese. La zona è stata evacuata».
«Il nostro obiettivo, oggi, era di raggiungere questo paese per operare i rilievi dopo una settimana dai precedenti fenomeni – racconta lo studioso. Un’impresa ardua: le strade erano completamente intasate e molti centri storici dei paesi risultano chiusi e non accessibili».
La prossima spedizione scientifica si sposterà nuovamente in zona giovedì prossimo.
Ma cosa sta accadendo in questi giorni sotto la superficie della pianura Padana? «Questo terremoto è di natura Appenninica. In pratica la pianura Padana è attraversata, ma sotto la superficie, dal prolungamento della catena appenninica che non vediamo perché sepolta dai detriti accumulatisi in milioni di anni dal corso di fiumi». Un luogo “piatto”, insomma, ma solo all’apparenza.
L’Università dell’Insubria studia questi fenomeni anche dal punto di vista storico. «Nel 1117 e nel 1222 ci furono eventi simili a quelli di questi giorni, se non di magnitudo ancora più forte, ma erano di natura alpina. Qui siamo di fronte a fenomeni che riguardano appunto altre catene montuose e che hanno una loro specificità anche dal punto di vista dell’andamento». «Il terremoto che ha colpito l’Emilia una settimana fa – continua lo scienziato – era caratterizzato dalla quasi assenza di sciami, a differenza del sisma del 2009, quello dell’Aquila, dove lo sciame è stato il preludio per l’evento maggiore». Ma l’elevato numero di sciami sismici di questa notte, allora?
«Potrebbe trattarsi di fenomeni che stanno scaricando la forza dell’evento – conclude Franz. Ma potrebbe anche trattarsi di una sommatoria di fenomeni che vanno a congestionare altre zone. Per questo siamo in stato d’allerta».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Maggio 2012
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