Frontalieri, la Lega di Bignasca torna all’attacco
Il deputato Lorenzo Quadri replica ai "no" del Governo svizzero e attacca con gli uffici di collocamento del Varesotto che «suggeriscono sistematicamente ai propri utenti di cercare un impiego in Ticino»
La Lega dei Ticinesi non si ferma di fronte alla bocciatura, da parte del Consiglio federale svizzero, delle mozioni "anti frontalieri" presentate dai suoi deputati. Il governo svizzero nei giorni scorsi aveva infatti respinto da un lato la richiesta di favorire le aziende che avessero assunto personale locale, dall’altro quella dell’introduzione di quote all’ingresso per la manodopera straniera, il cosidetto "contingentamento". «Prevedibile ma comunque deludente; soprattutto in considerazione della non formulazione di proposte alternative – ha replicato Lorenzo Quadri, consigliere nazionale leghista -. Preoccupante è che il Consiglio federale non sembri rendersi conto delle tensioni che si stanno creando ed acutizzando in Ticino a seguito delle conseguenze negative della libera circolazione delle persone, la quale sta portando ad un aumento generalizzato delle persone in assistenza (soprattutto giovani) e a preoccupanti fenomeni di dumping salariale e sociale, prima sconosciuti».
Per il partito di Bignasca il punto è sempre quello: troppi frontalieri nel Cantone. E la causa dell’aumento di lavoratori italiani secondo i leghisti starebbe anche nel fatto che «gli uffici di collocamento del Varesotto suggeriscono sistematicamente ai propri utenti di cercare un impiego in Ticino». «Il Consiglio federale – conclude Quadri – dovrà però rendersi conto che la situazione occupazionale e sociale del Canton Ticino potrà essere salvata solo tramite forzature volte ad arginare la libera circolazione delle persone e a reintrodurre delle clausole preferenziali per i residenti. E certamente il governo non potrà nascondersi dietro la foglia di fico della clausola di salvaguardia di recente invocata per i permessi B rilasciati ai cittadini di 8 nuovi Stati membri UE. Poiché questa misura, pur politicamente interessante, è nella pratica pressoché priva di effetti».
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