Ims, un mese di tempo per evitare la vendita dei macchinari
Tutto è pronto per riattivare la produzione nella storica azienda di cd e dvd. Ma servono altri ordinativi perché un imprenditore varesino possa rilevare tutto ed evitare il peggio per 122 lavoratori
C’è tempo un mese per riattivare la produzione all’Ims, poi il curatore potrebbe essere costretto a vendere i macchinari dell’azienda. Questo atto potrebbe quindi decretare la fine di un possibile futuro per i 122 lavoratori che protestano da otto mesi. La pessima notizia è emersa durante l’incontro che i lavoratori hanno avuto martedì sera con il curatore fallimentare: entrambi da mesi si battono per riattivare la produzione di cd e dvd nella fabbrica di Caronno Pertusella, ma i possibili ordini per 5 milioni di pezzi non bastano.
A spiegare la situazione è Antonio Ferrari, delegato Cobas Cub, portavoce dei lavoratori: «Il termine che ci deve preoccupare è mercoledì 20 giugno quando diventerà esecutivo lo stato passivo. Questo passaggio consentirà, probabilmente dopo il periodo estivo, alle società di leasing di riprendersi i macchinari segnando la fine della nostra azienda. Non ce lo possiamo permettere. Ci sono stati tantissimi incontri e trattative sono venuti i responsabili della Sony che hanno visitato la fabbrica ma hanno ritenuto che non fosse adatta a rispondere alle loro esigenze».
Ma una speranza c’è ancora, in un imprenditore del territorio varesino: «Lui sarebbe pronto a rilevare l’azienda se arriviamo ad una mole di ordini di almeno 15 milioni di pezzi. Al momento abbiamo commesse per soli 5 milioni di pezzi a cui però potrebbe aggiungersi un ordine della Emi Music».
Proprio la Emi è la ex proprietaria dell’Ims, i cui ordinativi erano diminuiti nel tempo. Ora si sarebbe impegnata ad effettuare degli ordini stagionali, ma secondo Ferrari, anche per l’eventuale acquirente «sarebbe vitale sapere i numeri di questa collaborazione e soprattutto capire se possa essere un volano per futuri ordini».
L’appello, oltre che ai cantanti, i lavoratori lo rivolgono anche a politici e istituzioni: «È ora di intervenire: sono arrivate tante parole di solidarietà e tante visite ma ora servono i fatti concreti. Bisogna agire adesso e in fretta per salvare l’azienda e la sua integrità prima che una realtà industriale leader a livello italiano ed europeo finisca smembrata. A pagare il prezzo di una cattiva gestione sarebbero 122 famiglie che hanno dato molto all’azienda e al mondo della musica».
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