L’outsider Rapinese: “I grillini? Un marchio, come Pd e Pdl””

Parla Alessandro Rapinese, che ha fatto paura a PD e PDL nel capoluogo lariano, sfiorando il ballottaggio. E che è certo che la politica, così, non può più andare avanti

Alessandro Rapinese

Alessandro RapineseHa, con il suo quasi 10%, tallonato Laura Bordoli, la candidata Pdl di Como che con il suo 13% sfiderà al ballottaggio domenica il candidato di PD e centrosinistra Mario Lucini, il favorito con il suo 35,57% di voti.
Ma la vera sopresa delle tribolatissime elezioni di Como – segnate dai mille errori del sindaco precedente Stefano Bruni e dalle divisioni interne a praticamente tutto, che hanno avuto l’effetto di generare 16 candidati sindaci e 26 liste – è stata Alessandro Rapinese, consigliere comunale “da sempre in lista civica” come sostiene lui stesso con orgoglio. Violentemente antipartito ma assolutamente innamorato della politica, ha conquistato i comaschi con un mix di concretezza e di “parole che nessuno dice”, arrivando ad un risultato assolutamente inaspettato dagli “esperti”.
Anche se non sufficiente per arrivare al ballottaggio: per Rapinese la “gara” a sindaco delle elezioni amministrative 2012 è finita, gli resta il lavoro di opposizione. Ma a lui, che rappresenta un segno forte dato dai Comaschi a chi li guiderà, abbiamo provato a fare qualche domanda: sul futuro di Como, su quello della politica in generale, sul suo.

Quale è stato il segreto della sua campagna? Visti i risultati, ha funzionato benissimo
«La mia campagna non è andata “benissimo”: è andata male. Il mio scopo era davvero andare in finale, ci abbiamo creduto tutti, alla fine. Era un po’ come l’Italia ai campionati europei contro la Francia: non c’era una sensazione di felicità per il secondo posto, ma la delusione per non avercela fatta. E’ stato così quando ci siamo resi conto che eravamo terzi con così poco stacco. Ho visto gente piangere, davvero, il giorno dopo le elezioni. Ho, abbiamo, commesso degli errori madornali, siamo stati inefficienti: alcune parti di periferia dobbiamo ammettere che non le abbiamo coinvolte nel nostro progetto, per mancanza di mezzi sia umani che economici, e i risultati si sono visti, in quelle circoscrizioni. Ora però abbiamo individuato gli errori, e nel 2017 non ci sarà storia. Naturalmente, però, dei miei 10 punti percentuali ottenuti sono decisamente soddisfatto: specie quando penso che migliaia di persone mi hanno sostenuto, sostenendo me, non un marchio. Questo risultato però non mi appaga e mi da grinta per il 2017».

Alessandro RapineseLei sostiene di “non essere nella sinistra o nella destra” ma di appartenere da sempre ad una “lista civica”. Ma avrà dei valori riconoscibili, una definizione di sé…
«Senta, le faccio un esempio: io sostengo che non ha senso vietare le case popolari a gay ed extra comunitari. O meglio: penso che se un gay o un extracomunitario pagano le tasse hanno gli stessi precisi identici diritti di qualunque altro cittadino. Se vogliamo non darglieli, rinunciamo alle loro tasse. E’ un’idea di sinistra o di destra? e chi si oppone a questa regola, che secondo me è di buon senso, è di sinistra o di destra? La verità è che è l’Italia ad avere idee confuse in politica: se ci pensa bene, l’ultimo che ha fatto cose veramente di sinistra è stato Mussolini, con i suoi sindacati e le sue bonifiche, il mutuo soccorso e l’attenzione al lavoratore. E quindi, come la mettiamo? Per me sinistra e destra sono indicazioni stradali, e fosse per me i consiglieri si siederebbero in ordine alfabetico, visto che il loro mandato dipende dagli elettori e non dai partiti. Contro una cosa sola sono contrario a priori: CL. Li trovo terribili».

Qual è il suo parere sui colleghi candidati ora in ballottaggio?
«So che sembro superbo, ma sono assolutamente convinto che se non avessero avuto i loro loghi a sostenerli, me li mangiavo in insalata. Non sono persone negative in se, ma sono incolori e già troppo abili nel compromesso, sanno già destreggiarsi fin troppo all’interno dei loro partiti. Loro sono arrivati al ballottaggio appoggiandosi su un bacino di voti precostituito e sull’inerzia di chi vota e vede il simbolo conosciuto. Ma quanti sono quelli che hanno davvero votato le loro persone come sindaco di Como? Io almeno, ho una certezza: ogni persona che ha dato un voto a noi stava votando Me, voleva me come sindaco, non si nascondeva dietro niente. Per questo io non ho alcuna stima per il meccanismo che li ha partoriti: è un meccanismo fallimentare, che non tiene conto degli elettori. Comunque questi partiti non saranno un problema per me, alle prossime elezioni: quei due loghi lì, al 2017 non ci arrivano».

Che vaticinio… Pensa che spariranno quando ci sarà la “terza repubblica”? Ma esiste?
«Io spero e mi sento realmente nella terza repubblica, anche perchè la seconda fa schifo: è quella dove è stata votata a stragrande maggioranza l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti e loro non solo non hanno messo in pratica quello che hanno chiesto gli elettori, ma sono riusciti a trovare il sistema per darsi ancora più soldi. Sono specialisti per fare solo quello che fa loro comodo: noi avevamo un il direttore della biblioteca che aveva un curriculum straordinario e aveva fatto cose bellissime per la città ma che è stato tolto per fare posto a un sindaco in scadenza. Così, si comportano: e in quel momento dov’era Lucini (il candidato Pd di Como, ndr), cosa diceva la Bordoli (il candidato pdl, ndr)?».

Non sarà quella sua aria un po’ “grillina”ad avere lasciato “al palo” il movimento Cinquestelle a Como?
«Guardi, il movimento Cinquestelle è un marchio, con Grillo, esattamente come il PD e il PDL: non avessero avuto quello, a Como avrebbero preso lo zero virgola. In ogni caso la loro è stata la percentuale più bassa d’Italia: 4,58%. Mi lasci dire però che tra noi e loro ci sono differenze sostanziali, nel senso proprio di sostanza: le regole poste da Grillo per me sono inaccettabili. Con la regola dei due mandati ci saremmo persi gente come Pertini, Berlinguer e Almirante: cioè, non avremmo avuto i alcuni tra i migliori politici del dopoguerra. In Inghilterra invece si sarebbero persi Churchill.  Due mandati sono troppi per un co…ne, ma sono troppo pochi per uno bravo. Morale, è un’idiozia, più pericolosa dei partiti stessi. La seconda questione, la faccenda del codice penale, escluderebbe innanzitutto lui dalle elezioni: non è mica con la fedina penale sporca? Ci sono belle differenze in questo campo, e queste indicazioni sono da definirsi perlomeno populiste»

Chi voterà, se andrà a votare al ballottaggio?
«Innanzitutto, una cosa è certa: andrò a votare. Ci sono sempre andato e ci vado anche stavolta. Anzi, ho zero stima per chi non ci va, perchè è uno sfregio a chi ci ha “lasciato le penne” per dare a tutti questa libertà. Ma non le dico per chi: perchè non ho nessuna intenzione di dare indicazioni di voto. Rispetto troppo la libertà intellettuale dei miei elettori».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 15 Maggio 2012
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