Macao, l’arte occupa il grattacielo di Ligresti
Viaggio al primo piano della Torre Galfa, il grattacielo di 33 piani in vetro e alluminio precedentemente sede della Banca Popolare di Milano, poi commissariato al gruppo Ligresti, e abbandonato da 15 anni
A Milano funziona così: per riuscire ad avere l’attenzione bisogna salire su una torre, occupare un palazzo. Questa volta è successo a Torre Galfa, il grattacielo di 33 piani in vetro e alluminio all’angolo tra via Galvani e via Fara, vicino alla stazione Centrale. Un collettivo di persone, che operano tutte nel mondo dello spettacolo e della cultura, ha deciso di occupare il piano terra e il primo piano dell’edificio. Dando vita a Macao, che è un acronimo libero («vuol dire tutto quello che vuoi»), e anche il nuovo centro per le arti di Milano. Qual è il punto di partenza? Uno degli organizzatori, che fa parte dei Lavoratori dell’arte, ci tiene innanzitutto a precisare: «Noi non abbiamo occupato questo spazio. L’abbiamo liberato per la città. Ieri c’è stata una grande assemblea dalla quale è emersa la necessità e la voglia di partecipare, di “starci dentro”».
Il metodo collaudato dagli occupanti per questo esperimento di costruzione di un luogo che produca arte e cultura è quello dei “tavoli di lavoro”: tante piccole assemblee e sottogruppi che discutono, mettendo in compartecipazione le idee, senza lasciare da parte gli eventi artistici. «Ci saranno anche tavoli di ricerca, – continua l’organizzatore – uno sull’urbanistica e sull’architettura, al quale parteciperanno anche alcuni professori del Politecnico. La nostra volontà è quella di portare dentro Torre Galfa alcuni corsi universitari per fare esperienze di auto-costruzione».
«Macao – si legge dal loro sito – è uno spazio di tutti, che deve diventare un laboratorio attivo in cui sono invitati i lavoratori dell’arte, dello spettacolo, della cultura, della formazione e dell’informazione. Qui artisti, intellettuali, esperti del diritto, della legge e della costituzione, attivisti, scrittori, film maker, filosofi, economisti, architetti e urbanisti, abitanti del quartiere e della città, devono prendersi il tempo necessario per costruire una dimensione sociale, comune e cooperante».
La ricostruzione degli interni è necessaria perché il grattacielo, precedentemente sede della Banca Popolare di Milano, poi commissariato al gruppo Ligresti, è abbandonato da 15 anni.
La necessità di occupare (o «liberare») questo edificio è dettata dalle moltissime promesse che questo gruppo di artisti e studenti non ha visto realizzarsi. «Si diceva che il vento doveva cambiare, ci sono tantissime promesse e visioni di un futuro che non arriverà mai. Noi viviamo nel presente, lo ricostruiamo. Milano ha vissuto negli ultimi dieci anni una politica molto dura anche rispetto agli spazi di socialità. Questo mette in crisi il tessuto sociale della città, perché vengono a mancare luoghi dove le persone possono incontrarsi».
Gli organizzatori ci tengono a dire che questa non è una lotta sindacale, la presa di Torre Galfa, che segue l’esempio dell’occupazione del Teatro Valle di Roma, è simbolica: l’edificio abbandonato rappresenta il fallimento della Milano da bere che vuole diventare una metropoli verticale. «Questa città sta costruendo City Life, Porta Nuova ed Expo, producendo ulteriori cubature che rimarranno invendute e vuote. Alla città non serve tutto ciò. A Milano serve cultura».
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