“Questa città sta perdendo la memoria”
L'abbattimento della palazzina Cantoni è solo l'ultimo di una serie: gli architetti Scaltritti e Gasparoli sottolineano la perdita in un punto che fronteggia l'ospedale ottocentesco del Boito
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la riflessione degli architetti Matteo Scaltritti (Società Gallaratese per gli Studi Patri) e Paolo Gasparoli (docente al Politecnico di Milano), nata dalla notizia della demolizione della palazzina liberty un tempo sede di uffici del grande opificio tessile: il progetto approvato ha scelto infatti la sostituzione completa con un nuovo volume che fronteggerà l’ospedale ottocentesco progettato da Camillo Boito. (Le foto sono di VareseNews)
Se la città perde la memoria
Un passo per volta stiamo andando incontro ad una sorta di amnesia collettiva della storia della nostra città, dagli effetti irreversibili. La recente demolizione dell’edificio di largo Boito, frammento superstite dell’area Cantoni, infligge una nuova ferita ad una città che sembra votata alla cancellazione della propria identità.
Dobbiamo ammettere che, tutto sommato, poche sono state le parentesi storiche in cui la città di Gallarate ha potuto godere di una certa visibilità in un territorio che andasse oltre la cerchia dei comuni limitrofi e, tra queste, senza dubbio alcuno, il periodo della sua più vivace fioritura industriale, tra la metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
A questo periodo dobbiamo essere debitori per la conformazione che ha assunto la città e per le poche emergenze architettoniche di cui dovremmo andare fieri. Se togliamo, infatti, la chiesa di San Pietro e il chiostro di San Francesco (sede del Museo della Società Studi Patri, non a caso in via Borgo Antico), ciò che resta è il prodotto e il lascito di una nutrita schiera di industriali illuminati che hanno trasformato un paesotto, pur luogo di un importante mercato, in una vivace cittadina industriale, sede di realtà produttive di peso internazionale. Proprio a questo periodo dobbiamo molte infrastrutture che hanno fatto di Gallarate una città moderna il cui successivo sviluppo ha saputo apportare, fatte le debite proporzioni, proprio poco. Strutture sociali ed assistenziali, culturali e ricreative, di cui ancora oggi tutti noi possiamo godere, sono il lascito di quel momento: la Basilica, il Cimitero, il Teatro Condominio, asili e scuole oltre all’Ospedale, progettato da Camillo Boito, uno degli edifici più rappresentativi dell’espressione architettonica della Lombardia post unitaria.
Ma la città sembra quasi volersi liberare dal fardello della memoria tentando continuamente di rimuovere le tracce del proprio trascorso rincorrendo affannosamente un futuro non progettato e quindi espressione estemporanea di una visione miope.
La demolizione dell’edificio dell’area Cantoni segna la perdita di un altro tassello di quel tessuto, continuamente eroso dai nuovi interventi edilizi (peraltro pochi meritevoli di attenzione), che riesce sempre meno a documentare il passato industriale della città e che, in quel luogo, “dialogava” in sintonia con il vecchio ospedale. Oggi la mancanza prodotta dalla demolizione, oltre al vuoto di memoria, produce la decontestualizzazione dell’edificio del Boito che si trova ancor più isolato, non solo dall’indifferenza dei gallaratesi, ma entro una città in trasformazione incontrollata.
Ovviamente ci sono delle responsabilità, per quanto accaduto. In primo luogo delle passate Amministrazioni, che hanno permesso il progressivo depauperamento e il degrado delle risorse storiche edificate delle quali l’edificio appena demolito era diventato una efficace icona: da anni con ponteggiature di sostegno e invaso dalla vegetazione. Ma una grande responsabilità l’hanno anche i cittadini di Gallarate che restano indifferenti di fronte a questi interventi e non sanno tutelare il proprio patrimonio facendosi promotori convinti della sua conservazione.
Tutti noi oggi abbiamo perso qualcosa; quantomeno l’ennesima occasione di conservare e valorizzare un tratto, non solo somatico, ma caratteriale della città. Un tratto che con discrezione e sobria dignità costituiva parte dell’intorno storicizzato dell’edificio di Boito e che sarà sostituito (forse!) con un mastodontico oggetto fuori scala a sbilanciare completamente un delicato equilibrio.
Ci si augura che la revisione del PGT, annunciata dall’attuale Amministrazione, sia occasione per riprendere, con vigore, ma soprattutto con convinzione, un processo di tutela di quel poco che è rimasto della città storica, attraverso processi guidati e “colti” di riuso e riqualificazione.
Dove la motivazione del conservare deriva da bisogni di carattere culturale ed etico, ma anche da obiettivi di sostenibilità ambientale. E’ davvero paradossale che l’efficienza energetica negli edifici sia oramai uno slogan commerciale (ma beninteso, in cambio di premi di volumetria!) e poi si demoliscano – o si facciano degradare gli edifici in modo da giustificarne l’abbattimento – senza rendersi conto che il primo atto verso la sostenibilità è quello di riusare ciò che già esiste, anche per non consumare nuovo territorio.
Ma questo è un’altro fronte sul quale trovare nuovi e avanzati equilibri di tutela.
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