Tante buone ragioni per evadere un po’

Siamo arrivati al paradosso che evadere, per molti significa correggere un’ingiustizia, evitare di regalare i nostri soldi a chi li gestisce male

Di questi tempi, di fronte ad una crisi economica che morde profondamente nella carne di molti italiani del ceto medio, sul tema dell’evasione se ne sono sentite di tutti i colori: che è immorale, che evadere è una forma di legittime difesa, che l’evasione è un tacito accordo tra Stato e imprese per permettere loro di essere più competitive. Ma c’è una tesi che mancava all’appello ed è  quella annunciata recentemente in un talk-show televisivo da un’imprenditrice italiana. La tesi suona così: molti evasori si pongono la questione sul perché devono pagare una quota consistente dei loro profitti allo Stato sotto forma di tasse, se poi lo Stato spreca in malo modo i soldi che noi gli diamo. Sembra una grande verità rivelata.
In realtà seppure sono molte le tesi che suonano vere: l’egoismo individuale, l’indifferenza verso la cosa pubblica, la furbizia, la mancanza di una consapevolezza e coscienza pubblica, l’evaporazione definitiva del  senso di solidarietà dei cittadini, la mancanza di un senso di appartenenza collettivo, l’affermazione che stia venendo a mancare anche l’ultima ragione per pagare le tasse e cioè quella per cui pagandole si riceve qualcosa in contropartita, la dice lunga sul degrado della politica, della pubblica amministrazione, del livello di affidabilità dei servizi e sulla fiducia dei cittadini nella macchina amministrativa e sui suoi rappresentanti.
Si ha veramente e profondamente la sensazione che pagando le tasse si buttino i soldi in un calderone di corruzione, inefficienza, privilegi e ingiustizie talmente stratificato, che le persone trovano che salvare i propri soldi da questo inutile gesto, li assolva anche da quel fievole senso di colpa che fino a qualche tempo fa poteva ancora insorgere nella coscienza di qualcuno di noi. Oggi no.
Siamo arrivati al paradosso che evadere, per molti significa correggere un’ingiustizia, evitare di regalare i nostri soldi a chi li gestisce male, a chi se ne approfitta, a chi li usa come un privilegio, ad ingrassare i costi della casta, a rimpinguare gli sprechi e le ingiustizie di istituzioni che non svolgono più la loro corretta funzione e il loro dovere civico: provincie che si sono moltiplicate anziché ridursi, enti inutili ed in eccesso rispetto al fabbisogno reale, amministratori pagati troppo, cariche pubbliche ricevute come premio o per amicizie e conoscenze, stipendi di manager pubblici fuori controllo anche quando generano perdite e non utili, parlamentari che lavorano tre giorni alla settimana e sono pieni di benefit e privilegi ingiustificati (mutui ipotecari a tassi agevolati giusto per fare un esempio), costante attenzione alle banche e alla chiesa anche quando questa attenzione non è giustificata, proliferazione di cariche pubbliche, nomine del servizio pubblico radio-televisivo totalmente asservite al potere politico, rimborsi elettorali che sono una presa in giro ai cittadini rispetto all’esito del referendum sul finanziamento pubblico ai partiti. E mi fermo qui. L’imprenditrice italiana nella sua rivelazione – che suonava tanto ovvia e scontata quanto vera  – sembrava esausta di versare all’erario il frutto della sua fatica per vedere svilirne l’uso ed era prostrata e affranta nel rivelare una così chiara verità. Possiamo elucubrare quanto vogliamo sul significato etico del pagare le tasse ma dall’altra parte ci deve essere qualcuno, anzi molti, se non tutti, che sanno valorizzare il frutto della nostra fatica e comincino a tradurre il frutto del nostro contributo con servizi di eccellenza, beni pubblici, benessere collettivo, futuro, attenzione ai giovani, all’ambiente ad un progetto di società credibile e solido e che comincino a ricoprire con  sobrietà e impegno il ruolo che svolgono e con orgoglio la funzione che gli abbiamo affidato con il nostro voto. Dopo il lungo sonno che in questi anni si è abbattuto sugli italiani, si fiuta nell’aria il segno che qualcosa sta cambiando, che il  giorno del risveglio sta arrivando e forse rischia di portare con sé anche quella dose di rabbia che di norma è proporzionale al malessere vissuto. Il messaggio è chiaro, vediamo chi saprà raccoglierlo.
 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Maggio 2012
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