Torna la nave della legalità, “Adesso tocca a noi”
Si sono chiuse le commemorazioni del ventesimo anniversario dalla strage di Capaci. Un appuntamento molto importante per la crescita degli studenti ma che non ha risposto a molte delle loro aspettative
Poco prima che la “Nave della Legalità” attraccasse al porto di Civitavecchia, a poppa del ponte 11 fremevano i lavori. Lo staff della nave era impegnato nel piegare le due enormi fotografie dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che per tre giorni hanno sancito la trasformazione della “SNAV Toscana” nella “Nave della Legalità”.
Anche se quelle grosse tele rimarranno in una scatola per un anno, viene da chiedersi se anche lo spirito di questi giorni verrà archiviato con altrettanta velocità in attesa della prossima commemorazione.
Questi giorni, indubbiamente, hanno lasciato un segno indelebile nei ragazzi che hanno partecipato nell’importante ventennale della strage di Capaci. Entrare nell’aula che ha segnato la fine di molti boss di Cosa Nostra, camminare lungo le strade che hanno visto scorrere il sangue di troppi uomini dello Stato, incontrare giovani da ogni angolo di Italia accomunati dalla stessa voglia di legalità è stata «un’esperienza che mi ha profondamente influenzata», ammette una ragazza.
«Ma ti dirò – confessa un ragazzo che ancora indossa la maglietta con la celebre foto di Falcone e Borsellino sorridenti – io ci ho visto un po’ troppa retorica, troppe parole ma pochi fatti concreti». E in effetti, in questi giorni le parole dei discorsi ufficiali si sono susseguite ma molte sono sembrate imperiture analisi che sarebbero andate bene alle commemorazioni di tre anni prima (o dopo). Il ricordo dell’apparente durezza del giudice Falcone, la coinvolgente ironia di Paolo Borsellino, i dettagli delle stragi, la volontà di far chiarezza, sono tutti elementi già visti e già sentiti. In molti speravano che in questo ventennale si facesse un passetto più in là nell’approfondimento e nell’analisi di quegli anni bui, ma sotto questo aspetto la delusione è stata tanta.
Lo stesso Aldo Pecora, presidente di Ammazzateci Tutti, commenta con un pizzico di amarezza che «la manifestazione è stata molto bella ma speravo che si parlasse di più della trattativa Stato-Mafia». Ma neanche gli altri aspetti di più pressante attualità sono stati trattati con il grande rischio che la voglia di legalità di questi ragazzi rimanga solo sulla carta, senza tramutarsi in attività concrete. Si sarebbe potuto discutere, ad esempio, del mercato della droga e interrogarsi sul senso di lasciarlo ancora in mano alle organizzazioni criminali, si sarebbe potuto discutere dell’opportunità di gare d’appalto al massimo ribasso, si sarebbe potuto parlare della stretta creditizia delle banche e del rischio che gli imprenditori si affidino ai denari mafiosi. Ma non è stato fatto. Ovviamente ben pochi si aspettavano che lo facesse il Presidente Napolitano nel suo intervento ma non è stato fatto neanche nei vari seminari organizzati all’interno delle navi. Qualcuno ha addirittura storto il naso nel vedere in programma un incontro sulla “finanza etica” organizzato dal gruppo Unicredit.
Ancora una volta pare che saranno le scuole -tra un taglio e l’altro- a dover addossarsi l’onere di spiegare alle più giovani generazioni la sottile differenza tra il proclamare la legalità e il metterla in pratica, tra leggi giuste e “sbagliate”, tra il servire lo Stato e il morire per lui. Una (ennesima) occasione persa, sperando di non dover aspettare il prossimo 23 maggio per avere le risposte tanto attese dal Paese.
Le altre puntate sulla nave della legalità:
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