“Il registro delle coppie di fatto è un atto di realtà”

Il comunicato di Rocco Cordì (Sel) Andrea Civati (Pd) Fabrizio Mirabelli (Pd)

Di fronte alle tanto allarmate prese di posizione di alcuni in merito alla proposta di
istituzione anche a Varese di un registro delle coppie di fatto, così come esiste in
numerose altre città d’Italia, è opportuno fare alcune precisazioni.

Negli ultimi decenni si sono affermate nella società nuove forme di convivenze: unioni
di persone che hanno messo al centro del loro rapporto l’affetto e l’amore e che hanno
deciso di non formalizzare il loro legame con il matrimonio. In alcuni casi per una
libera scelta basata su convinzioni personali, in altri casi – le coppie omosessuali –
semplicemente perché nessuna forma di unione è riconosciuta.
Molte di queste convivenze hanno dei figli al loro interno.

Negare l’evidenza di questa realtà, mettendo la testa sotto la sabbia come gli struzzi, non
serve a nessuno.

La proposta di istituzione di un registro delle coppie di fatto non rappresenta, però,
semplicemente, una presa d’atto della realtà. Risponde, invece, ad un principio di
giustizia. Per quale motivo, infatti, non dovrebbe essere riconosciuto ad una coppia
convivente con figli gli stessi diritti di una coppia sposata, ad esempio, nell’accesso al
servizio di asilo comunale?

D’altra parte, è evidente che questa proposta non priva di alcun diritto le famiglie create
da coppie sposate. È chiaro, infatti, che la scelta del matrimonio non sarebbe, in questo
modo, né preclusa né ostacolata. Si riconoscerebbe, semplicemente, ad altre forme di
unione la minima legittimità di un riconoscimento dell’anagrafe.

Inoltre, a chi oggi ha messo in campo una assurda crociata contro questa proposta
dovrebbe essere chiarito che questo registro è già stato istituito a Torino, Firenze ed è,
attualmente, in discussione a Milano. Solamente per fare alcuni esempi.

Si è, infine, tirata in ballo la Costituzione citando l’art. 29.
Ebbene: secondo l’interpretazione consolidata della Corte Costituzionale, l’art. 29 della
Costituzione deve essere intesa in collegamento con l’art. 2 che garantisce “i diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalita”̀. Tra queste formazioni rientrano le “coppie di fatto”, tanto omosessuali che
eterosessuali. La stessa Corte Costituzionale ha chiarito, poi, che i costituenti con “società
naturale” non facevano riferimento ad una concezione giusnaturalistica di unione, bensì
al fatto che la famiglia, essendo fondata su affetti e sentimenti, rappresenta un istituto che
va al di là del diritto. Nulla c’entra, quindi, il richiamo alla società naturale con la chiusura
al legame matrimoniale tra uomo e donna. Forse prima di improvvisarsi costituzionalisti,
bisognerebbe studiare!

Anche il Partito Democratico e SEL credono nel valore della famiglia. Un valore, però, che

non si afferma negando il diritto al riconoscimento di altre unioni. Noi chiediamo, insomma,
più diritti, senza negarne a nessuno. A coloro che amano professarsi liberali andrebbe
ricordato che il valore della libertà si afferma non con le parole ma con la forza dei fatti.

In sintesi: “il vento zapaterista di Milano” evocato dalla segretaria del PDL Lara Comi
è, sicuramente, più rispettoso del valore della famiglia di quello proveniente dai festini
Arcore. 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Giugno 2012
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