Quelle mucche quindicenni che si “perdono” ai Sette termini
Le “nutrici” sono arrivate una settimana fa per pascolare dove una volta c’era il bosco: passeranno l’estate allo stato brado per fare ritorno a valle in settembre
Sono poco più che “adolescenti”, pesano alcuni quintali e con gli zoccoli girano per i 10 ettari di pascolo tutto per loro.
È per questo che a volte si perdono, e per trovarle c’è bisogno di un cowboy con un nome che è tutto un programma: Gugole.
Sì, proprio così: questo allevatore di 36 anni che ha un’azienda agricola a Grantola, ha un nome che somiglia moltissimo a come si pronuncia il più famoso motore di ricerca del mondo: solo che lui trova le mucche, Google siti e notizie.
Non a caso, Riccardo Gugole, qualcosa a che vedere con internet ce l’ha: è un assiduo lettore di Varesenews, che consulta più volte al giorno quando fa rientro in casa, dopo aver passato la giornata a curare le sue mucche, anche ai Sette Termini. Qui infatti le vacche pascolano felici e tranquille, allo stato brado, da quando i cacciatori hanno sistemato il pascolo: loro hanno interesse a che il pascolo venga mantenuto in ordine. Lui ci mette gli animali, che mangiano l’erba e tengono pulita questa enorme radura.
«In tutto sono una ventina di capi – racconta Riccardo – . Si tratta di vacche nutrici di razza “Blonde D’Aquitaine”. Ci sono 18 capi, più un vitellino e un toro: stanno giorno e notte all’aperto e si nutrono solo d’erba. Si tratta di animali da carne anche se le vacche che stanno lì hanno il compito di svezzare i vitellini e per questo sono molto vecchie, hanno anche fino a 14, 15 anni».
Non teme i ladri? «No, rubare questi animali non è una cosa molto semplice: sono molto grossi e non si lasciano catturare». Ma come, mucche che non si lasciano avvicinare? «Si tratta di animali che fino all’anno scorso venivano tenuti all’aperto ma vicino alla stalla, a Grantola. Oggi, dopo una decina di giorni che sono allo stato brado, noto già che sono più schive: per riprenderle tutte non sarà uno scherzo, anche perché dieci ettari sono molti».
Riccardo, che da sempre fa questo lavoro, non ha impiegato molto a capire che la storia del pascolo nato dal bosco è per lui un affare.
«Il problema, ovviamente, sta nei costi per il fieno. Bisogna andarlo a tagliare, imballarlo, custodirlo, o comprarlo. Così invece è gratis: l’unica incombenza sta nell’aver dovuto tirare dei fili per elettrificare il recinto. L’area di giorno è custodita, la notte gli animali si mettono sotto alcune piante dove trovano riparo anche se piove».
Che idea si è fatto di questi progetti che trasformano la foresta in prato? «Sono ovviamente un vantaggio economico per gli allevatori. Gli animali vivono in maniera sana e la qualità della carne è elevata. Poi non dimentichiamo che la montagna non va abbandonata: il dissesto nasce dall’incuria».
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