Area delle Nord, Farioli risponde a Porfidio
Il sindaco risponde all'ottava delle dieci domande dell'ex-consigliere ripercorrendo la storia dell'area a due passi dalla stazione Fnm fino al progetto del fondo Scrovegni poi accantonato
Per la rubrica “Una domanda al giorno. Per dare veramente voce alla nostra amata Busto. Senza intermediazioni”, alla domanda di Audio Porfidio “Perché il piano d’area delle Nord, pensato e approvato in fretta e furia in consiglio comunale nella passata legislatura, è stato poi accantonato e cancellato nel nuovo piano di governo del territorio? Che ruolo ha avuto in questa vicenda l’ex patron della Pro Patria Savino Tesoro, che prima ha acquisito le aree e poi si è defilato abbandonando la squadra di calcio cittadina?”,
Il sindaco Gigi Farioli risponde:
Ed ora, sempre nella prospettiva della sua riqualificazione urbana, urbanistica e architettonica, torniamo a parlare di area delle Nord, di piano d’area, polo urbano integrato o centro direzionale FNM. Ho voluto ricordare solo questi nomi per richiamare all’attenzione del lettore, qualora sia così giovane da non ricordarsene gli antefatti, che il tema dell’area, per decenni occupata dai binari delle FNM in superficie e, per molti, troppi anni, considerata una vera e propria barriera, quasi un confine tra il centro città e i quartieri di Borsano, Sacconago e Sant’Edoardo, è un tema che ha accompagnato le riflessioni, le prospettive ed anche gli interventi di politici, proprietari, urbanisti ed impresari dai lontani anni ’70.
Anche qui sarebbe quindi scorretto presentare il tutto come un’improvvisa illuminazione su un’improbabile via di Damasco. Anzi, semmai, occorrerebbe forse fare, da parte di molti, se non di tutti, un colpevole mea culpa in merito ad alcuni cambi di rotta improvvisi o peggio assordanti silenzi amministrativi. Cambi di rotta, variazioni di contesto, disponibilità economico-finanziarie e colpevoli chiusure all’interno degli uffici del palazzo che vanno attentamente valutati per non lastricare le vie dell’inferno di buone intenzioni, né, peggio, per perseverare diabolicamente in possibili errori.
Come sanno i meno giovani, l’Amministrazione di Busto negli anni ’80, proprio quando si cominciava a progettare la “Grande Malpensa” e a immaginarne il collegamento su ferro attraverso FNM col raddoppio dei binari nell’attraversamento del territorio bustese, si pose in modo lungimirante l’obiettivo del raddoppio interrato. Cosa che fu resa possibile grazie ad un intelligente accordo tra la società FNM e la Città di Busto Arsizio, dividendo allora equamente tra la due realtà il differenziale di costo tra il raddoppio in superficie e il suo interramento.
Tutto ciò, ovviamente, aveva come premessa la realizzazione di un centro direzionale che, facilitato dalla presenza della stazione e da una dequalificazione urbana, consentisse alla città, ma anche all’Amministrazione e alle FNM, di recuperare almeno il quantum investito. Terminati i lavori, FNM e Amministrazione istituirono addirittura, col precipuo scopo di valorizzarne il sedime e l’area circostante, una società di scopo, la “Busto Nord”, che, come molte cose intelligenti, insieme con molte altre meno edificanti, fu cancellata dalle scelte dei primi anni ‘90.
Fino al 1996 tutto rimase in una sorta di ibernante abbandono, richiamato soltanto da un riferimento generico nel PRG in vigore con un confine e un rimando a necessità di pianificazione urbanistica e di dettaglio. E’ solo col suo inserimento nella legge regionale speciale “Piano d’area Malpensa” che l’area viene riportata all’attenzione del pubblico dibattito, attraverso un emendamento del sottoscritto in qualità di consigliere regionale. L’allora Amministrazione bustocca, sollecitata in merito, affida un incarico di programmazione urbanistica che viene poi approvato al termine della legislazione Tosi, definendo il mix funzionale, le destinazioni compatibili e delle normative che, per la prima volta, inseriscono in un ambito d’area elementi perequativi. Viene assunto per la prima volta il termine con cui l’area è presente negli allegati del Piano d’area Malpensa, per altro coerentemente con le previsioni di PRG che identificavano l’area come di interesse sovraccomunale, necessitante dei pareri di Ferrovie e Regione Lombardia.
E’ però solo con l’inizio dell’amministrazione scorsa e con il coordinamento delle politiche urbanistiche dell’assessore Giampiero Reguzzoni che si comincia a entrare nel vivo. Utilizzando quanto auspicato dalla legge regionale, viene proposto pubblicamente a chi ne voglia accettare la sfida la possibilità di presentare proposte attuative che valorizzino il concetto di integrazione, di “porta esterna di città Malpensa”, di alta qualità urbana ed architettonica, e cominciano a rivolgersi all’Amministrazione diversi gruppi.
E’ in questa fase che la Tecnocovering, supportata anche da alcuni fondi immobiliari di cui il fondo Scrovegni risultò poi essere il principale azionista, deposita, dopo diversi incontri per approfondire i desiderata comunali, una variante di confini, ma non di contenuti, che possa consentire lo sviluppo di un piano attuativo elaborato, grazie anche al contributo di società esperte in viabilità e trasporti, architetti, urbanisti, coordinati dall’architetto Moretti, e lo sviluppo urbano desiderato.
E’ di queste varianti e delle connesse ipotesi attuative che si discute a lungo sia sui media, sia nelle commissioni e in consiglio, ed è in seguito a questi dibattiti e alle successive approvazioni (30 gennaio e 9 giugno 2009) che la giunta comunale assume uno specifico atto di indirizzo che possa facilitare la presentazione di una vera pianificazione attuativa.
In questo atto di indirizzo vengono ricordati, anche in forza della valenza strategica che l’area aveva ancor più assunto alla luce della centralità che Busto negli ultimi anni ha via via riconquistato nei collegamenti con l’alta velocità, Milano, Malpensa e la Fiera, anche la volontà di realizzazione di un polo urbano di alta qualità in cui coesistano diverse funzioni, non ultime quelle di valenza culturale e del tempo libero. L’insostituibile funzione commerciale quindi deve essere contestualizzata in una logica, certamente economicamente sostenibile, ma anche tesa a evitare promiscuità indesiderabili.
Da salvaguardare inoltre, in una progettazione architettonicamente di qualità, anche la funzione di “porta esterna di Città Malpensa”, funzione tra l’altro ulteriormente sottolineata dalle scelte di esercizio di RFI e Ferrovie Nord Milano. Nel contempo, nell’atto si sostiene la necessità di raggiungere finalmente l’obiettivo più volte negli anni e nei lustri solo dichiarato, di superare la frattura tra questa fondamentale area di centro alternativo della città e il suo continuum urbano a sud (Borsano, Sacconago Sant’ Edoardo), favorendone anche un inserimento residenziale di qualità, alternato a funzioni terziarie e a un auspicabile verde urbano esteso e di qualità.
Va da sé che il documento preveda quindi una importante contestualizzazione delle accessibilità e fruibilità con un attento sviluppo della mobilità ciclo-pedonale urbana di accesso e di deflusso.
Purtroppo, per vicende connesse alla proprietà di cui il fondo Scrovegni e la loro società di riferimento risentono del più ampio contesto delle difficoltà all’interno dell’immobiliare, pur avendo nel frattempo acquisito gran parte dei terreni, in attesa del nuovo PGT, i titolari e i loro professionisti delegati preferiscono lasciar scadere la validità per poter depositare il piano, chiedendo all’Amministrazione di riproporre, nel PGT in approvazione, coerente ed idonea previsione. Gli estensori, nel riconfermare gli obiettivi di cui sopra e valutando di assentire agli indirizzi dell’amministrazione, predispongono anche a titolo puramente consultivo altre ipotesi di possibile realizzazione, facendo leva sulle cornici infrastrutturali e cercando di rendere il più concretamente fattibile tale obiettivo anche in periodo di crisi economica.
Nulla però è stato per ora né abbandonato né smentito e le previsioni sottoposte anche al Mapic e oggetto di valutazioni positive del Distretto urbano del commercio e di altri organismi, sono proprio in questi giorni oggetto di ulteriore riflessione prima dell’adozione del documento di piano.
Savino Tesoro compare sullo scenario di Busto solo ad approvazione avvenuta dei primi documenti, in quanto, in seguito a variazione di deleghe societarie, il titolare di Tecnocovering, che aveva sempre interloquito con l’Amministrazione in fase propedeutica, viene rimosso e Savino Tesoro, tra i principali azionisti del fondo Scrovegni, lo sostituisce insieme con i professionisti. E’ in questa fase che manifesta il suo desiderio di entrare nel mondo calcistico, ma gli viene prospettato che altri imprenditori avevano avanzate trattative per acquistare la Pro Patria allora in ambasce. Solo a seguito dell’improvviso abbandono di tali imprenditori e con il rischio, a fronte di un fallimento ormai dichiarato, di un’asta in tribunale senza acquirenti, gli appassionati, essendo stati messi a conoscenza di quell’ambizione, lo richiamano ed egli entra nella Pro Patria. Come si vede due storie parallele che solo il gossip ha finito per sovrapporre, probabilmente non facendo né il bene della Pro Patria, né di Busto, né di Savino Tesoro.
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