Cherubino: “Elezione delicata. Rischiamo di perdere l’università”
L'ex preside di Medicina, tra i padri dell'ateneo varesino, traccia un bilancio dell'esperienza e punta l'indice contro la politica condotta dal territorio
«Il momento è delicato. Ognuno di noi ha una grossa responsabilità. Dobbiamo fare un serio esame di coscienza e scegliere il candidato che meglio saprà gestire il futuro dell’ateneo».
Il Professor Paolo Cherubino, ex preside della Facoltà di Medicina e incaricato dal Rettore per i rapporti con l’ospedale si dice preoccupato per il futuro dell’Università dell’Insubria: «Abbiamo bisogno di un rettore che sappia affrontare gli enormi problemi sul tavolo. Che abbia qualità culturali e di relazioni umane. Che sappia scegliere una squadra competente e all’altezza dell’interazione con il territorio, fino ad oggi molto scarso».
Alla vigilia delle prime elezioni con più candidati al ruolo di rettore, uno dei padri dell’università varesina traccia il bilancio dei primi 14 anni di attività: «È un’università bipolare, anche se non l’unica, di piccole medie dimensioni, con circa 10.000 studenti. Di tutto ciò, però, Varese ( a Como va un po’ meglio) pare non sia sia accorta. La considera come un prolungamento del liceo. In tutte le città universitarie, si sono create strutture e servizi: a Varese no. Solo qualche privato ha fiutato l’affare. Per il resto, a disposizione dell’ateneo è stato dato il collegio Sant’Ambrogio che aveva bisogno di profonde opere di ristrutturazione. Si voleva dare la caserma Garibaldi che sta crollando, si è concessa parte dell’area ex psichiatrico dove si è dovuto intervenire pesantemente perché non c’era nemmeno una rete fognaria. Si ha l’impressione che per la città, l’università fosse una mucca da mungere piuttosto che un’opportunità da cavalcare. Per non parlare della ricerca: non c’è un euro arrivato dal territorio per l’attività che si svolge».
Forse è stata colpa anche dell’ateneo?
«La città non ha concesso alcuna agevolazione strutturale per l’avvio di questa esperienza. Solo ora la popolazione si rende conto di avere sul proprio territorio 6-7.000 studenti. Ma sono ancora troppo pochi quelli che investono per favorire l’arrivo dei giovani. Il rischio è altissimo: l’università potrebbe essere riassorbita da qualche ateneo più grande. Varese perderebbe la sua opportunità e tornerebbe ad avere solo qualche corso sparuto. Lo dico da cittadino: Comune e Provincia non perdano questa ricchezza: sono 40’anni che in città esiste un insediamento universitario e ora rischia di scomparire».
Lunedì prossimo, dunque, si voterà per eleggere il nuovo rettore: « È una scelta resa difficile dalle nuove norme che regolano questa figura. Si elegge per un solo mandato e per la durata di 6 anni. Praticamente, il rettore ha poteri assoluti perché controlla anche gli organi di controllo. Ecco perché la nostra è una grande responsabilità, da attuare con coscienza. Per esempio, io non posso dare il mio voto a chi si comporta in modo aggressivo con i colleghi: come fa a relazionarsi con le istituzioni e il territorio? Ecco perché non voterò la professoressa Arcari. Gli altri due candidati sono entrambi intelligenti e preparati. Hanno buone capacità di esternazione e di analisi dei problemi da affrontare. Il mio voto, però, andrà al professor Rocca perché, a parer mio, ha dimostrato una visione più concreta sul futuro dell’ateneo e maggiori attenzioni per le problematiche della facoltà di Medicina. La facoltà a cui appartengo sta attraversando una fase davvero dura: siamo come un vaso di coccio tra vasi di marmo, pressati sia dalla Sanità sia dall’Università. Rischiamo anche perché la Riforma Gelmini ha complicato ulteriormente la situazione: è una riforma fumosa che penalizza i giovani rendendoli precari per sempre. La partita penalizzante è sulle scuole di specializzazione che la Sanità vorrebbe gestire per poter utilizzare gli specializzandi come forza lavoro gratuita, falsando il percorso di crescita dei giovani ma anche bloccando, di fatto, le assunzioni».
Le ultime parole del professor Cherubino sono per il Rettore che lascia: «Dionigi è stato un ottimo rettore per il suo tempo. Ha fondato l’università e l’ha condotta fino a qui. Ora, però, si deve guardare al futuro. Chi prenderà il suo posto dovrà partire immediatamente con il piede giusto e andare spedito sulla retta via. Sei anni per costruire una nuova integrazione con il territorio»
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