Il piano per liberare il capo ultrà: fuga in moto e spari
La banda aveva un'idea azzardata. Dopo aver immobilizzato le guardie nella piazza del tribunale contavano di fuggire forse in Svizzera. In procura sono in corso indagini a 360 gradi su questo e altri episodi
Il piano per liberare Filadelfio Vasi, secondo gli inquirenti, era un misto di azzardo e pericolosa rabbia criminale. I sette complici, perquisiti ieri notte, avevano ognuno un compito assegnato. C’era chi doveva tenere in custodia la motocicletta con cui contavano di trasportare il fuggiasco, chi doveva rubare le targhe, e chi aveva la disponibilità delle armi (che però non sono state trovate).
L’idea mette i brividi. Vasi doveva arrivare alle 12, da Pavia, nel cellulare della polizia penitenziaria. La banda avrebbe atteso sul piazzale davanti al tribunale di Varese. Una volta sceso dal furgone, il pregiudicato sarebbe stato condotto in manette fino al portone di ingresso. Qui sarebbe stato bloccato dai malviventi che, armi alla mano, avrebbero minacciato la guardie e sarebbero scappati con il loro capo. Vasi sarebbe stato caricato su una moto, e poi portato in un luogo sicuro da un autista coperto dal casco. E’ ipotizzabile che un secondo commando avrebbe preso in consegna l’uomo, e che la fuga sarebbe stata indirizzata in Svizzera e chissà, forse ancora più lontano.
Sono supposizioni, ma carabinieri e il pm Agostino Abate (nella foto) hanno le idee chiare. Se la banda fosse entrata in azione sarebbe stata una minaccia per tutti (a quell’ora la piazza del tribunale è piena di gente).
Vasi è considerato dalla procura il vero capo dei Blood & Honour, gli ultras più duri del Varese. Ma non solo: i magistrati guidati dal procuratore Maurizio Grigo in realtà stanno indagando da tempo su alcuni ambienti della Varese criminale, segnata negli scorsi anni da incendi, rapine e tentati omicidi. Il pm Agostino Abate e i suoi collaboratori avevano drizzato le orecchie, ad esempio, quando nello scorso agosto era comparso allo stadio uno striscione con la scritta: “Delfio libero sei sempre nei nostri cuori”.
Vasi era stato arrestato per un tentativo di rapina nel 2011, e oggi l’udienza del processo a suo carico davanti al gup Giuseppe Battarino era stata convocata per ascoltare una testimone che ha rivelato alcuni particolari su altri episodi che vedono protagonista il capo ultrà.
Il pm Agostino Abate sospetta che la spettacolare azione fosse stata programmata in questa occasione, anche per lanciare un segnale contro la collaborante che, già nei giorni scorsi, era stata intimidita. La sua testimonianza sembra abbia allarmato alcuni ambienti del sottobosco criminale della città e va approfondita la concomitanza tra la tentata fuga e questa deposizione.
Ma in procura non tutti i particolari della vicenda vengono rivelati. Di certo gli inquirenti hanno segnato oggi un colpo molto importante per sventare un’azione che poteva essere clamorosa. Il pm non ha nemmeno fatto rinviare l’udienza, per evitare la scadenza dei termini di custodia cautelare, e ha ordinato ai carabinieri di entrare in azione. D’accordo con il gup Battarino ha spostato il processo nell’aula bunker per favorire l’intervento dei carabinieri che hanno prelevato Vasi e lo hanno portato al piano interrato con un blitz improvviso.
“A Varese comanda la stato” si ripetevano ieri in procura gli investigatori, come a dire che la banda scoperta ieri è una vera forza organizzata e va presa tremendamente sul serio.
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