Nuovo rettore: candidati “sotto esame” sul futuro dell’ateneo
I tre professori e i loro vice si sono confrontati faccia a faccia in vista delle elezioni. Ad aprire l'incontro il professor Renzo Dionigi
Regole scientifiche da veri universitari: domanda uguale per tutti, due minuti per ogni risposta, parola al candidato oppure al suo vice. Tra il pubblico, un’aula magna quasi gremita, silenzio e attenzione. Si è svolto così, come a un appello d’esame, il confronto pubblico in vista delle elezioni del nuovo rettore dell’Università dell’Insubria. Una prima volta per la realtà di Varese e Como perché fino ad ora, nella storia dell’ateneo, nulla di simile era accaduto. Dalla sua fondazione l’università è stata guidata dal rettore uscente, il professor Renzo Dionigi e fino al suo addio nessuno si era mai proposto ufficialmente come candidato alternativo.
Ora invece le formazioni sono tre: Matteo Rocca con Stefano Serra Capizzano, Anna Maria Arcari, con Alberto Parola e Alberto Coen Porisini con Giuseppe Colangelo. Tutti si interrogano sulla necessità di costruire una nuova identità per l’ateneo. Un’identità, secondo i candidati, necessaria alla sua sopravvivenza e che lo renda diverso dai concorrenti, fra tutti le grandi università milanesi. Soltanto questo, è stato ribadito, permetterebbe all’Insubria di scacciare il fantasma dell’accorpamento nell’era dei tagli e della spending review.
«L’Università dell’Insubria è diversa perché è una comunità, formata da individui con storie e competenze uniche. Ed è questo l’aspetto che può valorizzarla e che dobbiamo salvaguardare. Indipendentemente da chi sarà eletto – ha detto Coen Porisini -. Dobbiamo pensare all’interesse comune dell’ateneo e uscire dal personalismo che l’ha contraddistinto. Le decisioni dovranno essere assunte negli organi collegiali e con cognizione di causa per non trovarci un giorno a sentirci dire che è diventata un’università inutile».
Il recupero del rapporto con il territorio è l’elemento che ricorre nelle proposte dei candidati: per la professoressa Arcari e il suo candidato vicario, Parola, è proprio nel territorio che l’ateneo dovrà trovare degli "alleati". «Noi vogliamo potenziare quella che viene definita la "terza missione". Ossia l’attenzione al territorio, la capacità di trasferire conoscenza non solo durante i percorsi di studio ma anche post laurea e attraverso la ricerca applicata. In questo contesto sarà fondamentale collaborare maggiormente con i docenti delle scuole superiori perché spesso sono loro che non consigliano agli studenti la nostra università. Sono molti gli ostacoli da superare in questo senso».
Cambiamento è anche quello che chiede il professor Rocca: «L’università italiana sta attraversando un momento difficile, la nostra università è fragile e deve recuperare un ritardo accumulato negli ultimi quattordici anni. Il campus è sempre più un’esigenza così come lo sono la necessità di iniziative didattiche e di riecerca innovative. Abbiamo diecimila studenti e il problema è consolidare questa frequenza e migliorarne la qualità. Dobbiamo lavorare con modalità alternative per diventare più attrattivi verso gli studenti e verso l’estero». Ad alimentare il dibattito, dopo i saluti del professor Renzo Dionigi, è stato Marco Cosentino, docente e fondatore di Aper (l’associazione professori e ricercatori dell’Insubria) che ha organizzato l’evento e raccolto nei mesi che lo hanno preceduto una lista di cinquanta domande sul futuro dell’università. Quelle selezionate hanno riguardato alcuni temi caldi come le strutture – la "sfida del collegio", come l’ha definita la professoressa Arcari – la tassazione e i rapporti con gli studenti e la ricerca ma anche temi più strategici e delicati come l’adozione del codice etico, la responsabilità delle decisioni, la trasparenza e la comunicazione.
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