Quel lavoro lontano da casa e l’azienda che non paga più
Gli operai della ItalTunnel protestano perché gli stipendi non arrivano da agosto. Sono quasi tutti lavoratori residenti al Sud che lavorano nel cantiere di Pedemontana
«Il momento più brutto è fare la valigia per venire su. Quelle ultime ore prime di uscrire di casa. E ora, sapendo che forse non ci pagheranno nemmeno lo stipendio, è ancora peggio. Siamo più che arrabbiati… Potete immaginare come possiamo sentirci al pensiero di lasciare le nostre famiglie senza sapere come andrà a finire, se avremo o no i soldi che ci devono e il nostro lavoro». Sono una settantina gli operai della ItalTunnel impiegati nel cantiere di PedeLombarda. Condividono storie simili. Molti di loro arrivano dal Sud, chi dalla Puglia, chi dalla Calabria. Stanno negli alloggi, allestiti al campo base di Lozza per undici giorni di fila: cinque di lavoro più un riposo e poi altri cinque. «Poi torniamo a casa – racconta Gianfranco di Laino Borgo, in provincia di Cosenza -. Ci stiamo circa quattro giorni e poi risaliamo. È una vita difficile ma è importante per noi mantenere il posto di lavoro». Come Gianfranco sono tanti gli operai che aspettano con angoscia di capire come evolverà la situazione di crisi che ha colpito l’azienda che li ha portati a lavorare in molte zone d’Italia e ora in provincia di Varese. Molti lavorano con la ItalTunnel e con le altre ditte del gruppo da anni ma è la prima volta che si sono trovati in questa situazione. «Siamo demoralizzati la situazione è brutta in tutta Italia e poi si sentono le notizie di tutti quegli sprechi… Noi sappiamo fare il nostro lavoro e abbiamo lavorato. Siamo carpentieri, perforatori e addetti all’avanzamento – racconta Dario di Cosenza – lavoriamo a turni, anche di notte, in squadre di sei operai alla volta. Stiamo scavando a Gazzada per la costruzione della galleria. È una delle parti più dure quella, dobbiamo procedere piano, mettere in sicurezza il materiale». Gli operai della ItalTunnel stanno aspettando gli stipendi da oltre un mese.
Manca quello di agosto e mancano i rimborsi delle spese di viaggio sostenute per raggiungere il cantiere: «Ogni mese vanno via circa 250 – 300 euro – spiega Vincenzo, uno degli operai che arriva dalla provincia di Salerno -. C’è chi viene su con il treno chi con l’aereo… in base alle disponibilità e finora l’azienda ci ha sempre rimborsato. O almeno fino a giugno. Ora però tocca a noi anticipare i biglietti, un costo ulteriore oltre allo stipendio non pagato e non sapremo nemmeno se ci verrà restituito. Siamo quasi tutti in questa situazione perché quasi tutti veniamo dal Sud. Anche gli stranieri sono pochi, c’è qualche operaio dalla Romania, ma la maggior parte sono lavoratori italiani». «C’è chi attende di ricevere per ogni mese anche duemila euro – aggiunge Antonio Massafra, della Uil di Varese -. Se si considera che uno stipendio medio di questi lavoratori è intorno ai 1.300 euro, più gli straordinari e l’indennità per il lavoro in galleria si fa presto a fare i conti. Questi ragazzi sono operai specializzati ma fanno una vita di sacrificio. Hanno dei ritmi di lavoro molto pesanti e stanno con le proprie famiglie per pochi giorni al mese, hanno diritto almeno alla sicurezza del posto di lavoro e a percepire uno stipendio regolare. È anche per questo che riteniamo sia giusto sostenerli, non sappiamo come andrà a finire con l’azienda ma faremo il possibile per non farli rimanere senza lavoro».
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