Maroso torna nel “suo” stadio: la Nord ora porta il suo nome
Si è svolta a Masnago la cerimonia di intitolazione della curva all'uomo simbolo del Varese. Tanti i tifosi e i vecchi amici presenti: «Resterà per sempre il presidente onorario»
Gli occhi di Peo Maroso, da oggi, saranno sempre puntati in direzione di quel prato verde su cui ha trascorso gran parte della sua carriera sportiva e delle sua vita di uomo, di papà, di nonno. Gli occhi di Peo Maroso campeggiano sull’ingresso centrale alla Curva Nord, lo spicchio più caldo dei tifosi del Varese e anche quello più prossimo a Velate dove – nel piccolo cimitero – l’uomo simbolo del calcio cittadino riposa da poco più di due mesi.
La cerimonia di intitolazione è stata officiata poco dopo l’allenamento odierno, quello che porta il Varese incerottato ad affrontare la Pro Vercelli: dell’aspetto sportivo parliamo a parte ma è bello sottolineare come domani servirà una squadra da battaglia, da viso tirato e buffo cappellino di lana in testa per aver ragione dei piemontesi. Servirà appunto un look alla Maroso, fatto di grinta e passione, di qualità che tutti gli riconoscevano e che hanno contraddistinto tanti ex campioni biancorossi che non sono voluti mancare al ricordo del Peo.
A Masnago sono arrivati Anastasi e Ricky Sogliano, Andena e Devis Mangia, Guido Borghi e un grande del basket come Paolo Vittori solo per citare qualche bandiera ancora sui pennoni della squadra e della città.
Tutti uniti (insieme a un folto gruppo di tifosi di ogni settore e di ogni età) nell’applauso finale quando il drappo rosso che copriva la targa commemorativa è stato fatto calare davanti alla famiglia Maroso, ai dirigenti della società, alla prima squadra al completo e alle autorità cittadine che per una volta hanno interpretato in tempi rapidi il sentimento popolare dando a Peo quel che è di Peo. «Un uomo che resterà per sempre il presidente onorario del Varese» ha scritto il sindaco Fontana oggi rappresentato dal suo vice Baroni e dall’assessore allo sport Piazza. Commosso l’ad biancorosso Enzo Montemurro, che ha parlato anche a nome dell’amico (e presidente) Antonio Rosati schierato al suo fianco. «Quello di oggi è un atto che dobbiamo a un grande uomo. Gli eravamo molto attaccati, è stato lui che ha introdotto me e Antonio a Varese e nel Varese. Ci manca tantissimo».
Da domani quindi chi indosserà la maglia del Varese avrà addosso uno sguardo in più: quello che arriverà dall’alto della curva a scrutare lo schieramento e i movimenti dei giocatori, che protesterà per i fischi sbagliati e che spronerà tutti i biancorossi a dare il meglio di sé. Ciò che il Peo ha fatto per decenni da giocatore, allenatore e dirigente: se da queste parti c’è un esempio da seguire, non può essere che il suo.
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