Motorizzazione, gli ingegneri arrestati negano tutto
I funzionari si dicono estranei alle contestazioni, alcuni si sono avvalsi della facoltà di non rispondere
I funzionari della motorizzazione di Varese arrestati per corruzione si avvalgono della facoltà di non rispondere, o negano ogni addebito, ma tra i collettori delle tangenti, cioè i proprietari dei mezzi che erano d’accordo con loro per le revisioni fantasma, alcuni hanno accettato di parlare, e ci sarebbero anche le prime ammissioni.
E’ accaduto durante gli interrogatori, in carcere, degli 8 arrestati detenuti ai Miogni di Varese. Sono stati ascoltati dal Gip Natalia Imarisio, che ha firmato anche l’ordinanza di custodia cautelare (l’indagine era del pm Tiziano Masini e poi è passata al pm Massimo Politi).
In particolare si dicono estranei a tutto gli ingegneri accusati di aver preso dai 100 ai 250 euro per ogni timbro che attestasse la revisione effettuata sui camion.
Le intercettazioni
Gli arresti hanno portato 12 persone in carcere, e dall’ordinanza si apprendono sia i meccanismi che gli episodi pregnanti, almeno 3: una grande regolarizzazione di mezzi dei giostraiprovenienti da tutto il nord Italia, una revisione fantasma
Nelle conversazioni , due passaggi stupiscono, e cioè quando un giostraio si lamenta con l’ingegnere Alessio Biason dicendo che i suoi colleghi hanno chiesto troppi soldi, e quando un altro funzionario che si trovava a pranzo dopo la seduta fantasma della Schiranna afferma che ha diritto a fare una pausa, altrimenti il suo lavoro sarebbe schiavismo.
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