Riaccendere la magia dell’arte
La nota di Antonio Pecchini intorno alla mostra curata da Flavio Caroli al Muse Maga
Riaccendere la magia dell’arte. Questo è stato l’auspicio con il quale Flavio Caroli ha inaugurato la mostra “ Un passaggio di Generazione , Omar Galliani / Alessandro Busci ( Centro di gravità Permanente).
La mostra è tuttora al MAGA di Gallarate ma l’auspicio è rimasto soltanto tale. Non foss’altro perché i due artisti, pur di buona levatura, non rientrano certamente in quei lusinghieri apprezzamenti che il curatore e ideatore della rassegna ha voluto sottolineare. Tanto che la definizione di maestri del nostro tempo, a visita completata, poco si addice al lavoro dei due protagonisti.
Maestro, in genere, è chiamato chi apre un percorso, una modalità espressiva innovativa, chi, nell’alveo di una ormai consolidata tradizione, offre una novità pittorica pur nella articolata e diversificata ricerca contemporanea.
Certamente Galliani mantiene un forte fascino espressivo legato ad una certa bellezza femminile, sollecitata grazie alla grande abilità disegnativa e al forte impatto visivo che il chiaro-scuro dei suoi lavori solleva nel visitatore. Analogo fascino sollecitano le grandi tele e la loro semplicità compositiva. Tutto ciò, però, non annuncia proprio niente di nuovo in termini di linguaggi visivo né nella sua dimensione concettuale e nemmeno in quella di un’espressività innovativa.
Le grandi tele, a volte, soverchiano e non basta la delicatezza delle costellazioni floreali a significare l’intera visione.
Molto più preziosi sono i “libri” nei quali il chiaro scuro e l’abilità segnica esaltano le capacita disegnative e una leggerezza nel racconto. C’è una delicatezza formale che non invade, semplicemente accompagna la visione.
Di tutt’altra natura appare invece il lavoro del più giovane A: Busci.
Smalti dal colore acceso oppure livido, città e costruzioni che parlano d’architettura, paesaggi urbani e marini con impasti cromatici densi e terrosi, frutto più di una istintualità espressiva che di una riflessione sul mondo post-espressionista di natura piuttosto panica.
Non c’è luce, non c’è aria lungo queste superfici iper cromatiche e anche i mezzi pittorici non sono affatto tradizionali. Acidi su superfici ferrose, catrame su fondi in piombo, cartoni lavorati con materie terrose, dentro una trasgressività espressiva che non si alza in volo, ma resta pesantemente ancorata al suo supporto.
Un lavorio di materia che non sembra sufficiente a fare di questa modalità pittorica una colonna portante dell’arte attuale.
Chi si aspettava un’esposizione più consona alle linee indicate dal curatore come: esplorare il mondo dell’arte o cercare i maestri del nostro tempo oppure dare spazio ai giovani è rimasto piuttosto deluso: La mostra, infatti, pur cercando di ancorarsi ai valori veri dell’arte non produce spazio per una riflessione in tal senso, ne sollecita risultati visivi e culturali sufficienti a farne un’esposizione capace di produrre stupore e magia visiva come solo l’arte sa inculcare.
E se oggi tutto può essere possibile realizzare visivamente, per via di una certa stravaganza nel mondo dell’arte, la mostra si ferma lì, nella sua più che normale visibilità.
Al Contrario non è rimasto inosservata la piccola polemica innestata da Caroli nel presentare l’iniziativa e la futura programmazione che in prospettiva arriverebbe al 2016 senza per altro coinvolgere lo staff del MUSEO che da anni vi lavora e che ha saputo fare del MUSEO stesso un luogo innovativo, non provinciale anche se periferico, nel complesso panorama artistico contemporaneo e non solo nazionale.
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