Se le cose vanno così usciremo dalla crisi nel 2017
L'economista Giorgio Arfaras ha presentato a Villa Panza il XVII rapporto Einaudi sull'economia globale e l'Italia. «Oggi abbiamo due certezze: o spostamento da Occidente a Oriente dell’economia globale e la curva demografica»

Giorgio Arfaras (foto) ci ha provato. Ma spiegare un cambiamento così profondo come quello che sta avvenendo nell’economia mondiale a una platea numerosa composta per lo più da imprenditori ansiosi di avere risposte, non tanto sul futuro quanto sul presente, non è per niente facile. Il coautore del XVII rapporto Einaudi (Centro di ricerca e documentazione coordinato dall’economista Mario Deaglio), per la terza volta in tre anni a Varese, su invito della Banca Popolare di Bergamo-Ubi, ha comunque dato un orizzonte temporale alla fine della crisi. «Se le cose vanno così – ha detto Arfaras – nel 2017 raggiungeremo i livelli del 2007». Dieci anni di crisi, la più lunga del dopoguerra, impongono, visti i precedenti, l’uso del periodo ipotetico. Di sicuro in questo momento ci sono solo due cose: lo spostamento da Occidente a Oriente dell’economia globale e la curva demografica, compagna di viaggio inevitabile nei prossimi anni. «Se ci sono più giovani che anziani – ha sottolineato l’economista – si può scaricare su di loro il carico pensionistico». Non è questa, però, la prospettiva italiana.
I rimedi innovativi, auspicati dai vertici della Banca Popolare di Bergamo, sembrano non esistere. Le ricette sono sempre le stesse: si va dalle politiche keynesiane («improbabili nel breve periodo») alla austerità («poco frizzante e già sperimentata») del governo Monti. Arfaras non gradisce nessuno dei due piatti e se alla fine si sceglie Monti è perché «prevale la paura e non si vuole rischiare». La soluzione non è nemmeno quella di immettere più liquidità nel sistema, una cura ampiamente praticata dalla Fed, la banca centrale americana. L’economista ricorda che «la Bce ne ha creata una montagna di moneta e ritornare alla Banca d’Italia che stampa moneta è come ritornare indietro di trent’anni».
Interessanti gli stimoli arrivati da alcuni imprenditori presenti a Villa Panza. «Il saldo commerciale attivo – ha sottolineato Ezio Colombo, imprenditore del settore metalmeccanico – sta a significare che le imprese italiane esportano e quindi lavorano bene. Il problema è che siamo fortemente penalizzati dal nostro sistema rispetto, ad esempio, ai competitor tedeschi».
La microeconomia a volte sembra fare a cazzotti con la macro. Finché si parla di scenari generali e schemi tutto sembra probabile e praticabile. Appena si scende nel concreto e nelle difficoltà delle aziende tutto si complica e trovare risposte adeguate diventa difficile, anche per la colpevole assenza, in questi anni, della politica.
Il Rapporto Einaudi dello scorso anno si intitolava “La crisi che non passa”. Quello del 2011 “La ripresa, il coraggio e la paura”. Oggi ciò che manca nelle persone è la fiducia, elemento che sta alla base del coraggio, necessario per ricominciare a crescere. Come si fa, dunque, a recuperarla?
Arfaras: «Magari lo sapessi».
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