Nel carcere più sovraffollato d’Italia c’è un’ala chiusa
Si tratta di una sezione dedicata ai detenuti disabili con tanto di piscina per la riabilitazione ma l'Asl non ha i soldi per pagare il personale. Il sindaco Farioli: "Scriverò al prossimo Consiglio dei Ministri per chiedere fondi"
Nel carcere più sovraffollato d’Italia c’è una ala che è chiusa da almeno dieci anni e che sarebbe dovuta essere il fiore all’occhiello per la casa circondariale di Busto Arsizio. E’ l’area per i detenuti disabili che, però, non ci hanno mai messo piede. Il problema è la cronica mancanza di fondi dell’Asl che non può assicurare il personale per tenerla aperta. Lo ha ricordato questa mattina, giovedì, il sindaco di Busto Arsizio Gigi Farioli durante la presentazione dell’accordo tra il carcere bustocco e il Comune per la sperimentazione del reinserimento lavorativo dei detenuti. «E’ dotata di tutto quello che serve – ha detto – e c’è anche una piscina per la riabilitazione», ma non è stata mai aperta mentre nel resto della struttura i detenuti sono costretti a stare in tre metri quadri ciascuno.
Sia il sindaco che il direttore del carcere Orazio Sorrentini ne sono consapevoli ma di fronte all’ennesimo paradosso italiano non si può far altro che allargare le braccia. Sia l’istituto penitenziario che l’amministrazione non possono farci nulla se non protestare, attraverso una lettera al Consiglio dei Ministri e alla Regione: «Ho intenzione di scrivere al futuro Presidente del Consiglio perchè il governo faccia qualcosa per il carcere di Busto – annuncia Farioli – dopo la cancellazione da parte del governo Monti del piano per la costruzione di nuove carceri predisposto da Alfano. Noi eravamo stati i primi a presentare una richiesta di finanziamenti con un piano per ampliare la nostra struttura ma la scure della spending review si è abbattuta anche su questa voce di spesa». Ora Farioli vuole tornare alla carica con chi vincerà le elezioni e formerà il nuovo governo perchè «si presti attenzione alla situazione di Busto Arsizio».
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