Tares: l’Unione Industriali scrive ai sindaci
L'imposta che ha sostituito Tarsu e Tia preoccupa le imprese. L'appello di Univa: «L’applicazione del nuovo tributo sia legato al servizio dato alle aziende»
«Confidiamo sul fatto che il regolamento attuativo della nuova tassa consenta alle imprese di poter operare in condizioni di sostegno e rilancio dell’attività produttiva senza gravose imposizioni che comprimano la crescita». Perché in un momento di incertezza economica, come l’attuale, la competitività del sistema produttivo passa anche da una politica fiscale locale che non sia di ostacolo allo sviluppo delle aziende. È questa la conclusione di una lettera inviata nei giorni scorsi dal Direttore dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, Vittorio Gandini, ai Sindaci del territorio.
Oggetto: considerazioni generali e richieste delle imprese in tema di applicazione della nuova Tassa sui rifiuti e sui servizi. Quella Tares che ha sostituito le vecchie Tarsu e Tia. Un tema su cui sono puntati gli occhi delle imprese che temono, in sede di approvazione dei regolamenti attuativi, un incremento della tariffa. Anche, si legge nella lettera, alla luce «dei problemi applicativi che si sono generati negli anni passati con riferimento ai vecchi tributi, ci sembra particolarmente rilevante che nella stesura dei regolamenti concernenti la Tares venga posta la dovuta attenzione». Ciò al fine di «prevenire eventuali futuri contenziosi».
Perché il problema di una tariffa come la Tares non è solo quello dei livelli che verranno applicati. Non è solo una questione di aliquote. Ma anche di base di calcolo sui cui le stesse vengono applicate: ossia i metri quadrati che possono essere soggetti alla tariffa.
Per questo l’Unione Industriali chiede ai sindaci tre attenzioni.
La prima è quella di non far entrare nella superficie soggetta alla Tares quei locali delle aziende che producono i cosiddetti rifiuti speciali. Per i quali le aziende già sostengono in proprio i costi di smaltimento affidato ai soggetti autorizzati. Proprio per questo, viene ricordato nella missiva, «i locali su cui si producono questi rifiuti sono totalmente esclusi da imposizione». Non essendo a carico dell’amministrazione la gestione degli scarti di produzione. Come dire: perché le imprese dovrebbero pagare una tariffa per un servizio che non gli viene garantito, ma che anzi viene già gestito in proprio?
La seconda è quella della possibilità che la normativa dà alle Amministrazioni di assoggettare a Tares quei locali delle imprese che producono rifiuti speciali, ma non ritenuti pericolosi, considerandoli alla stregua dei rifiuti urbani prodotti dalle abitazioni. Sul punto nulla da dire: «La norma prevede che i comuni possano assimilare alcune tipologie di tali rifiuti a quelli urbani». Allo stesso tempo, però, il Direttore Vittorio Gandini ricorda che «l’assimilazione per quantità e qualità che deve essere deliberata dall’amministrazione comunale, comporta, da un lato, l’assoggettabilità al tributo dei locali sui cui vengono prodotti questi rifiuti e, dall’altro, l’obbligo del comune di espletare il servizio in tutte le sue fasi (raccolta, trasporto e conferimento)». In pratica il messaggio è: se le imprese saranno chiamate a pagare la tariffa per i rifiuti assimilati agli urbani, dovrà, però, essere garantito il servizio di smaltimento. Logico, ma non sempre in passato è stato così con i vecchi tributi. In alcuni Comuni, infatti, le imprese hanno dovuto affrontare situazioni dove, da una parte, pagavano la tassa rifiuti, ma dall’altra continuavano a sostenere i costi dello smaltimento in proprio, perché non veniva assicurata la gestione del servizio pubblico. Da qui la richiesta esplicita: «Qualora l’impresa non si avvalga del servizio pubblico, l’amministrazione dovrà prevedere significative riduzioni della tariffa». Almeno pari, sostiene l’Unione Industriali, «all’incidenza dei costi variabili compresi nella tariffa base, in quanto nella fattispecie in esame il gestore del servizio non sostiene costi variabili».
La terza richiesta riguarda «la tassazione delle aree scoperte pertinenziali/accessorie delle utenze non domestiche non prevista nelle precedenti discipline Tarsu e Tia». In questo caso l’Unione Industriali chiede «la non imponibilità delle aree a qualsiasi uso adibite non suscettibili di produrre rifiuti, quali ad esempio parcheggi, piazzali di manovra, strade di accesso». Se così non fosse, sottolinea ancora Vittorio Gandini «si genererebbe in capo alle imprese un aggravio impositivo di notevole entità a fronte dell’assoluta assenza di rifiuti in tali aree».
La Tares deve, nella sua applicazione, rimanere fedele al nome stesso: Tassa sui rifiuti e sui servizi.
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