“La scuola soffre: non voltiamo la testa”
Assemblea del Coordinamento provinciale dei docenti che ha messo sul piatto i problemi irrisolti dell'istruzione Situazioni limite spesso vissute con rassegnazione
L’autunno caldo della scuola è ormai alle spalle. L’eco delle rivolte si è smorzata. Un piccolo gruppo di docenti, però, prosegue sulla via della mobilitazione per salvare la "scuola pubblica".
Con questo spirito una quarantina di professori si è trovato nell’aula magna del liceo Manzoni a Varese per mettere sul piatto i problemi dell’istruzione, capirne le dinamiche, abbozzare qualche soluzione.
Dalla sicurezza ai precari, dalle prove Invalsi ai contributi volontari, le questioni sul tappeto permangono molteplici: « Ci lasciamo scivolare via tutto – afferma Stefano Alternini – accadono situazioni limite che ci lasciano semplici spettatori. Nelle nostre scuole vediamo episodi che dovrebbero farci indignare e, invece, passano sotto silenzio. Quel lucernario caduto all’Isis di Bisuschio a causa di qualche centimetro di neve non ha avuto alcuna eco. Ma com’è possibile che assistiamo a tutto ciò senza arrabbiarci?».
E le situazioni sono molteplici. Si accettano, ad esempio, classi pollaio che si moltiplicano in modo da ridurre il numero di professori e, quindi, i costi , senza pensare alla qualità della didattica condotta in ambienti magari angusti e sovraffollati: « Si rifiutano prime di 18 studenti e poi si accettano prime di 31 o 33 ragazzi. Com’è possibile?».
Per lo stesso principio andrebbe contestato il contributo volontario che le scuole chiedono e che il Ministero ha dichiarato illegittimo: « Se noi accettiamo di finanziare privatamente le attività didattiche, solleviamo lo Stato dal suo compito istituzionale. Il diritto allo studio è garantito dalla Costituzione, è obbligatorio sino ai 16 anni e non dovremmo permettere a questo Stato di sottrarsi ai suoi doveri».
Lo stesso discorso vale per il personale precario che ha dovuto attendere tre mesi prima di vedersi pagare lo stipendio: gli insegnanti precari, però, rappresentano una componente cospicua del corpo docente, che non viene messo in regola soltanto per mantenere bassi i costi. Contestazioni ci sono anche per le prove Invalsi, attività che i docenti sono chiamati a svolgere senza essere retribuiti ma che, punto delicato, costruisce un sistema di valutazione della scuola che viene continuamente impoverita.
«Se tutte le componenti della scuola si mettessero insieme e protestassero per ogni diritto non onorato fino in fondo, potremmo diventare un interlocutore credibile e autorevole. Dobbiamo solo trovare il modo di raccordarci: tutti insieme, senza girare la testa, chiedere maggiori attenzioni e più qualità per la nostra scuola pubblica».
Un appello che il professor Alterini lancia a studenti, genitori, docenti e personale Ata, una fascia importante della nostra società che , per ora, non riesce a fare squadra. Magari si potrebbe iniziare dai prossimi appuntamenti; un presidio per i precari, un incontro sulla sicurezza e un convegno sull’Invalsi in programma per il prossimo 3 maggio.
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