Lo chef Oldani insegna il successo dell’ingrediente semplice

Lo chef che ha inventato la Cucina Pop ha spiegato quali sono gli ingredienti di un ristorante di successo: che prevedono una grande attenzione alla qualità, ma anche il coraggio di ridurre i margini di guadagno

Davide OldaniDavide Oldani ha inventato la Cucina Pop, alta cucina fatta con ingredienti poveri («Ma ho scoperto che è più opportuno definirli "meno nobili», ha confessato l’interessato), che unisce la maestrìa imparata negli anni in cui ha collaborato con Gualtiero Marchesi, Ferran Adrià, Albert Roux alla semplicità ed economicità di ingredienti di stagione, semplici e non troppo ricercati: dalle cipolle ai tagli di carne più popolari, dal riso alla verdura rigorosamente di stagione («Tanto per intenderci: un pomodoro, nel mio ristorante, oggi non lo trovate»).

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Lo chef Davide Oldani al Falcone di Gallarate 4 di 14

E ha, in questo modo, inventato anche un metodo efficiente per gestire con successo, anche in tempi di crisi, un grande ristorante a prezzi – e costi – accessibili: tanto efficiente che è stato chiamato ad Harvard per spiegarlo. E oggi, 4 aprile 2013, questi suoi segreti Davide Oldani li ha spiegati ad una foltissima platea di ragazzi dell’Istituto Falcone di Gallarate: in un incontro che si è svolto nell’ambito del progetto food design, percorso multidisciplinare che punta alla progettazione "per il cibo, con il cibo, e in funzione della portata" e che ha previsto anche lo studio della cucina molecolare, della biologia, della storia dell’arte e della fotografia.

«Più chiari e trasparenti siete nelle vostre azioni più avrete successo nella vita: fingere o decidere le cose a tavolino non paga – ha spiegato Oldani ai ragazzi – Quando ho aperto il D’O (è il nome del suo ristorante di Cornaredo, ndr) mi sono solo detto: "io so fare da mangiare ed è l’unica cosa che so fare nella vita, perciò metto nel ristorante quello che sono e quello che so fare". E la cosa ha funzionato. I miei primi potenziali clienti, quelli a cui per primo mi sono rivolto, sono stati quelli della zona: chi abitava a San Pietro, Cornaredo, Magenta, i paesi intorno a a casa mia e al mio ristorante, insomma. Loro quelli che per primi, passando davanti al ristorante, potevano essere incuriositi da quello che facevo». E per prima cosa, per poter conquistarsi i clienti del circondario, ha controllato cosa facevano da mangiare gli altri ristoranti: «Prima dell’apertura ogni giorno ne giravo uno, per capire cosa si serviva più frequentemente, e con quali ingredienti avrei potuto mettere più in pratica quello che avevo imparato. In parole difficili si chiama "Analisi del contesto di zona"».

L’"Analisi del contesto di zona" è, secondo Oldani, la prima fase per rendere solido il management di un ristorante: la seconda, e più importante ricetta è «Assicurare qualità costante – spiega Oldani – Sono capaci tutti di fare "i fuochi d’artificio", di fare il piatto fenomenale una volta: ma la vostra impresa funzionerà solo se starete sul pezzo, se assicurerete una qualità costante, se tutti quelli che vengono o tornano per mangiare un determinato piatto trovano quello che si aspettano. La nostra cipolla caramellata, probabilmente il piatto più noto del ristorante, è per esempio frutto di una ripetizione costante: mentre la delusione piu grande per un ospite è aspettarsi un gusto e trovarlo completamente diverso».

Oldani al FalconeFatto questo, il consiglio per mantenere una base solida di clienti è "ridurre i margini". Questa è la parte più rivoluzionaria della teoria: «Si tratta, in parole povere, di ridurre il danaro che poi io voglio incassare – spiega Oldani, semplificando la teoria economica ai ragazzi del Falcone – Nei ristoranti dove ho lavorato i conti per una cena erano di non meno di 200 euro: aprendo il mio, avrei potuto pensare "Se tanto mi dà tanto, quando apro il ristorante faccio conti, se non da 200 euro, da 150". In questo modo però la risposta dei clienti sarebbe stata completamente diversa, non avrei avuto cosi tanta gente a mangiare da me, non avrei potuto fare tutti gli incontri che ho fatto, che sono una risorsa importantissima per far crescere me e i miei ragazzi. Dopo dieci anni i tempi di prenotazione per la sera da noi sono di un anno e mezzo: gestire i clienti cosi non è una cosa normale, vi assicuro».

Al contrario, "tirarsela" non fa bene all’azienda ristorante, secondo l’opinione di Oldani: «Spettacolarizzare la cucina e parlare in modo incomprensibile è la rovina del nostro mestiere. Quello che fa bene alla nostra professione è imparare continuamente: io ora, a dieci anni dall’apertura dellocale, mi sono riproposto di portare a casa una nuova idea o un nuovo prodotto ogni volta che esco dal D’O».  Un obiettivo che si mette in pratica anche circondandosi di gente nuova e teste giovani: per questo nel suo ristorante ci sono molti ragazzi appassionati e stagisti. «Per l’energia che hanno, la forza di volontà, il piacere che hanno nell’incontrarmi – ha confessato Oldani in coda all’incontro – Imparo più io da loro di quel che imparano loro da me»

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Pubblicato il 04 Aprile 2013
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