MC Carnaghi, storia di una fine annunciata
Commento alla fine dell'avventura in serie A1 della squadra di Villa Cortese. Una fine purtroppo prevista fin dall'inizio dell'avventura, quando qualcuno disse: "Durerà poco, non riuscirete a “mettere Radice"
Avevano avvisato i rivali fin dal giorno del debutto in A1: durerà poco, non illudetevi, non riuscirete a “mettere Radice”. Ma adesso che la facile profezia si è avverata e la MC Carnaghi Villa Cortese, come società di vertice del volley italiano, non esiste più, anche i più acerrimi avversari difficilmente riusciranno a trattenere un moto di rimpianto. Perché a un “nemico” si fa l’abitudine, specialmente quando è così vicino; ma soprattutto perché la nostra pallavolo, oggi lo si capisce meglio, ha davvero perso un (piccolo) tesoro.
La MC Carnaghi è stata accusata di essere una realtà “calata dall’alto”, una squadra costruita a tavolino “solo con i milioni” (fa sorridere a ripeterlo nelle condizioni di oggi, eppure sono passati appena 4 anni), un progetto senz’anima. Invece l’anima ce l’aveva, ed era un’anima, paradossalmente, molto bustocca: il pezzo più difficile e spigoloso del DNA di chi nasce e vive da queste parti, e sa essere caparbio e tenace fino allo sfinimento, orgoglioso del suo lavoro al punto da apparire scontroso, talvolta genuinamente antipatico. Provinciale, se vogliamo, ma nel senso migliore del termine.
Ecco, c’era questo carattere dietro la MC Carnaghi, e c’era l’entusiasmo che il fenomeno era riuscito a scatenare. Il palazzetto non si riempiva più, d’accordo, ma chi conosce l’ambiente della pallavolo si rende conto di quanto profondamente abbiano inciso nell’immaginario collettivo le prodezze di Tai Aguero o di Caterina Bosetti, e di quale significato si fosse rivestita la maglia biancoblu per una ragazza dell’Under 14 o di Prima Divisione. Per dirla con le parole di un addetto ai lavori: bastava dire Villa Cortese, e avevi detto pallavolo.
Può bastare la passione di un imprenditore, per quanto forte, a sostenere tutto questo, negli anni in cui persino una società campione d’Italia corre il rischio di doversi inchinare alla logica del mercato? È evidente che la risposta è no. Villa Cortese mancherà a molti, al movimento pallavolistico italiano che la perde senza aver fatto nulla per provare a trattenerla, al territorio che l’ha accolta come un’ospite, incapace di valorizzarla e persino di appropriarsene; non per cattiva volontà, ma per pura superficialità o inerzia. Mancherà anche agli odiati “cugini” di Busto Arsizio, che sul confronto diretto con i vicini hanno costruito le loro stagioni più belle: l’epopea del derby sarà pure esagerata, ma la presenza di un avversario così potente e agguerrito è stata uno stimolo ineguagliabile per la crescita.
Lasciamo da parte, per questo finale non lieto, la retorica della “favola” del paese di 6000 abitanti che sbarca in serie A, della cortesinità e della grande famiglia. La MC Carnaghi è stata una società che ha commesso tanti errori e ingenuità, talvolta per eccessivo coinvolgimento, e non ha avuto la capacità di uscire dal suo orizzonte troppo ristretto, rimanendo inevitabilmente da sola nel momento più difficile. È stata un sogno, forse un’illusione, ma ci hanno creduto davvero in tanti, collaboratori, volontari e tifosi che hanno condiviso gioia, fatica e lacrime. È stata anche una bella storia da raccontare, un’avventura vissuta fino all’ultimo giorno con serietà e partecipazione. Non tutti possono dire la stessa cosa.
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