Conforama, 55 esuberi e un trasferimento che preoccupa
L'allarme lanciato dalla Filcams Cgil. Il sindacato chiede all'azienda delle scelte alternative per ridurre l'impatto dei tagli al personale annunciati lo scorso 18 marzo
Sono 55 i dipendenti coinvolti nella procedura di mobilità avviata lo scorso 18 marzo da Conforama. Un altro brutto colpo per i lavoratori della nostra provincia a cui si aggiunge anche la notizia del trasferimento di una parte dell’azienda nel Milanese. Contro questa serie di scelte della proprietà, si è scherata la Filcams Cgil che ha diffuso oggi una nota per ribadire la necessità di poter incontrare nuovamente i lavoratori in assemblea. Nella giornata di ieri, spiegano i sindacalisti, «l‘azienda ha negato questa possibilità, temendo probabilmente la nostra libera discussione con i lavoratori, perché vogliamo dire alle persone che la strada da percorrere può essere diversa da quella intrapresa dall’azienda, di cui sono evidenti le profonde incertezze. Filcams Cgil invita ora Conforama a rivedere questa decisione arbitraria e a comunicare per iscritto, con la massima tempestività, la disponibilità a consentire l’indizione e lo svolgimento di una nuova assemblea».
Nel corso degli incontri precedenti con la direzione aziendale la Filcams Cgil ha richiesto: «un piano commerciale di rilancio che dia certezze sulle scelte future di questa azienda, la riduzione del numero degli esuberi, da attuarsi attraverso la riconversione o riqualificazione delle figure professionali all’interno della struttura aziendale, l’utilizzo (oltre alla mobilità) della cassa integrazione straordinaria al fine di poter dare a tutti i lavoratori coinvolti un tempo più ampio per potersi ricollocare nel mercato del lavoro a fronte della grave crisi economica e occupazionale che il nostro paese sta attraversando, di comunicare ufficialmente la nuova sede di lavoro, affinché le persone possano organizzare al meglio la propria vita. Le risposte dell’azienda – conclude la Cgil – non si sono fatte attendere. In buona sostanza nessuna apertura a trovare soluzioni alternative ma la dimostrazione di come la direzione aziendale affronti queste situazioni in modo irresponsabile e unilaterale, tenendo conto soltanto dei propri interessi e ignorando il destino di decine di famiglie».
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