Droga della camorra, chieste pene per 12 anni e mezzo
Il processo riguarda la rete di presunti spacciatori che gravitava intorno a Michele e Antonio Ranieri, con base a Cardano al Campo. Il pm ha chiesto 4 anni e 2 mesi per ciascuno dei tre imputati
E’ di 4 anni e 2 mesi per tutti gli imputati la pena richiesta dal pubblico ministero Mirko Monti nel processo agli spacciatori legati a Michele e Antonio Ranieri, padre e figlio a capo di un grosso giro di smercio di sostanze stupefacenti i quali si sarebbero avvalsi di una rete di piccoli e medi distributori di droga su un territorio che andava da Cardano al Campo a Gallarate, fino alla caserma Ugo Mara della Nato a Solbiate Olona. Questa mattina, dopo aver concluso la serie di testi che hanno fornito un quadro complessivo di quanto avveniva in alcuni luoghi della movida del Basso Varesotto, l’accusa ha formulato le richieste di pena per i tre protagonisti del processo Melissa Micillo, l’ex-militare Marcello Di Chiara ed Emanuele Caruso. Tutti e tre sono accusati di spaccio di sostanze stupefacenti.
Il pm ha ricostruito, attraverso gli elementi raccolti dai Carabinieri di Gallarate, come sarebbe funzionato il sistema. I Ranieri, già condannati, erano i grossisti che si rifornivano direttamente dal clan Gionta che da decenni opera a Torre Annunziata del quale i due sarebbero considerati parte integrante; la droga, principalmente cocaina ma anche hashish e marijuana, veniva smistata ad una serie di cosiddetti cavallini che a vario titolo la cedevano nel dettaglio. Attraverso le intercettazioni, ad esempio, si è arrivati a calcolare il giro di spaccio all’interno della caserma Nato che fruttava circa 5-6 mila euro a settimana.
Le difese degli imputati hanno sostenuto che le intercettazioni e i servizi di osservazione, controllo e pedinamento non sono riusciti a dimostrare che, in particolare per Emanuele Caruso e Melissa Micillo, lo spaccio era avvenuto con certezza. I legali della Micillo Ermanno Talamone e Roberto Grittini hanno sottolineato che la giovane frequentava i Ranieri col puro scopo di consumare sostanze stupefacenti e lei stessa lo ha confermato in occasione del suo esame: «Questa vicenda che mi vede accusata di spaccio – ha detto l’imputata – mi ha fatto smettere di fare uso di sostanze. Mi dichiaro innocente rispetto ai fatti a me contestati». Stesso discorso per Emanuele Caruso il quale ha dichiarato di essere un consumatore di cocaina ma di non averla mai spacciata. Diversa la posizione del Di Chiara che non si è presentato all’udienza, su di lui pendono intercettazioni telefoniche estese dalle quali si evince lo stato debitorio dell’ex-militare nei confronti di Ranieri nell’ordine di decine di migliaia di euro. La sentenza da parte del collegio presieduto dalla giudice Piera Bossi verrà pronunciata il prossimo 10 luglio.
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