Il capogruppo Mirabelli: “Mussolini è un’onta”
L'intervento del capogruppo democratico sulla vicenda della cittadinanza onoraria
L’idea di revocare la cittadinanza onoraria conferita, nel 1924, a Benito Mussolini è nata scorrendo,
per caso, un giorno, l’elenco di coloro che, nella nostra città, ne erano stati insigniti.
E’ stata nostra cura, in seguito, approfondire il contesto storico in cui il Consiglio comunale di
Varese, il 20 maggio 1924, decise di concedere la cittadinanza onoraria all’allora presidente del
Consiglio dei ministri.
Abbiamo scoperto che tale scelta venne compiuta un mese e mezzo dopo alle elezioni politiche che
ebbero luogo con la famigerata legge Acerbo, vinte da un “listone” nazionale, il cui simbolo era un
fascio, di cui facevano parte fascisti, liberali e alcuni fuoriusciti dal Partito Popolare.
Varese, naturalmente, in quel frangente, non fu l’unica città a concedere la cittadinanza al duce del fascismo.
Dalla lettura, che vi consigliamo caldamente, del verbale della seduta del 20 maggio 1924 del
Consiglio comunale, spicca l’azzardato paragone tra Benito Mussolini e Giuseppe Garibaldi, già
varesino “benemerito” dal 3 maggio 1860, teso ad accreditare il primo quale continuatore della
migliore tradizione liberale e risorgimentale.
Emerge, tuttavia, in maniera assai chiara, anche il fatto che il conferimento di quella cittadinanza
non fu affatto una scelta condivisa da tutto il Consiglio comunale.
Vogliamo dire che il Consiglio non fu libero né di esprimere le diverse opinioni delle forze politiche
che, allora, vi erano rappresentate né di deliberare.
Tutti i consiglieri di opposizione, infatti, quel giorno, furono “stranamente” assenti. Fu allegata,
peraltro, una lettera di alcuni di essi in cui, in maniera significativa, si affermava: “crediamo
coerente a noi e alle nostre idee di non intervenire alla seduta”.
Esattamente dieci giorni dopo, il socialista Giacomo Matteotti denunciò, coraggiosamente, in
Parlamento, il clima di illegalità, intimidazioni, violenze, omicidi in cui si erano svolte le recenti
elezioni politiche, chiedendo di invalidarle perché il risultato, a causa di tale clima, ne era uscito
palesemente falsato.
Sappiamo tutti che fine fece Matteotti.
Qualcuno, come l’Assessore Clerici, si chiede se abbia senso, oggi, nel 2013, chiedere la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini che, nel 1927, istituì la nostra provincia.
Noi siamo convinti che liquidare la storia di Mussolini e del fascismo in poche righe e simboli –
le squadracce, l’olio di ricino e i manganelli, la dittatura – sia una semplificazione che non serve a
nulla, se non ad archiviare, dimenticare, digerire ciò che è avvenuto.
Chi, tuttavia, ha avuto la curiosità di leggere quale sia stata la principale motivazione dell’allora
assessore della nostra città avv. Cavalieri, che sta alla base della delibera approvata all’unanimità
dei presenti, nel 1924, da codesto Consiglio comunale, per il conferimento della cittadinanza
onoraria a Mussolini, si è, certamente, accorto che essa così recita: “per avere salvato l’Italia da
passioni funeste già prossime a piombarla nel più spaventoso baratro”.
Una motivazione inaccettabile che contrasta con le gravi responsabilità che, a detta di tutti
gli storici, il duce del fascismo aveva avuto prima di allora e avrebbe avuto, di lì a poco,
nell’eliminazione fisica (Matteotti, Don Minzoni, Gobetti, i fratelli Rosselli, Gramsci) e nelle
fucilazioni e nelle condanne al confino di chiunque avesse opinioni diverse da quelle fasciste;
nell’abrogazione, per venti anni, di ogni forma di libertà nel nostro Paese; nella censura sui
giornali e sui libri; nel rigido controllo del tempo libero; nelle sanguinose avventure coloniali;
nell’intervento nella guerra civile in Spagna a fianco di un altro dittatore, Francisco Franco; nell’elaborazione di un manifesto razzista da parte di sedicenti scienziati; nell’applicazione pignola
delle leggi razziali che comportarono l’espulsione dalla scuola italiana di alunni e di insegnanti
ebrei nonché l’emigrazione all’estero dei nostri migliori "cervelli"; nell’entrata nel secondo
conflitto mondiale, a fianco di Hitler, solo perché gli servivano poche decine di migliaia di morti per sedersi al tavolo della pace; nelle stragi di Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema e in tante altre tragedie; nello sterminio di 8 mila ebrei, spinti nei vagoni piombati, diretti ai forni crematori; nella deportazione in Germania di 40 mila civili e 600 mila militari.
Ecco perché noi pensiamo che, oggi, abbia ancora senso revocare la cittadinanza onoraria a
Mussolini. Non, certamente, come anacronistico desiderio di vendetta nei suoi confronti ma, come
un vaccino contro il pericolo che costituisce, in certi momenti della storia umana, la tentazione
da parte dei popoli di delegare la propria vita, cedendo tutta o in parte la propria libertà, ad una
persona sola: ad un presunto salvatore. Un vaccino il cui richiamo crediamo sia, periodicamente,
necessario per sottolineare che la libertà, in ogni tempo, è il bene più prezioso.
Visto che, ancora oggi, diversi esponenti politici, nel mondo, in Europa e in Italia, tanto a destra
quanto a sinistra, non esitano a rimettere in dubbio il fatto che la democrazia é l’unica forma
politica in grado di garantire la libertà, ci piacerebbe che i rappresentanti dei partiti e dei movimenti
che hanno giurato fedeltà alla Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, che siedono nell’assemblea cittadina, a differenza di quanto successe nel 1924, esprimessero, davvero, un voto unanime.
Oggi tutti noi abbiamo la possibilità di togliere una macchia dalla storia della nostra città, con un
gesto altamente simbolico. Non sprechiamola!
Concludiamo ricordando che, proprio nel salone Estense, qualche settimana fa è stata conferita
un’alta onorificenza a Calogero Marrone, l’eroico funzionario dell’anagrafe del Comune che finì a
Dachau per avere aiutato tanti esseri umani a salvarsi dalla follia nazifascista.
Facciamo, dunque, appello alla coscienza di tutti i consiglieri perché, revocando la cittadinanza
onoraria a Mussolini, il Consiglio comunale onorerebbe non solo la memoria di Calogero Marrone
ma anche quella di tutti coloro che, anche a Varese, si sono sacrificati e hanno combattuto per la
nostra libertà e la nostra democrazia.
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