Il piccolo teatro Periferico che va “controcorrente”
Fondato nel 1928 oggi vive grazie alla compagnia del Teatro Periferico e da tre anni fa (quasi sempre) il "tutto esaurito" ad ogni spettacolo. Ecco la storia di un piccolo teatro di paese da grandi numeri
Un teatro controcorrente, almeno per i tempi che corrono. Sarà che siamo abituati a sentire che la cultura è in crisi o che le piccole compagnie non fanno “numeri”. La storia del Teatro Periferico va esattamente nella direzione opposta. La prima volta che si partecipa ad un loro spettacolo non ci si aspetta di far fatica a trovare ancora un posto libero in platea. Ancor di più se si realizza di essere a Cassano Valcuvia, un paese di valle che conta poco più di seicento abitanti. Invece è così: una stagione di 12 spettacoli praticamente da “tutto esaurito”. Una bella realtà, di quelle che raccontano la rinascita di un teatro, classe 1928, e la volontà di una compagnia di portare la cultura ai cittadini. A raccontare la storia del Periferico è Dario Villa, attore e socio dell’associazione che quattro anni fa ha deciso insieme agli altri (Paola Manfredi è colei che ha dato il via al progetto) di accettare la “sfida” e di investire su un piccolo teatro di provincia: «Non è un caso se ci chiamiamo teatro periferico. La nostra è una presa di coscienza, una necessità: stare su un territorio e collaborare con lui, creare un’interazione continua». Le prime tre stagioni “periferiche” sono nate grazie ad un bando Cariplo che ha permesso alla compagnia di creare appuntamenti serali dedicati alle famiglie: «I risultati sono arrivati gradualmente. Abbiamo iniziato a proporre spettacoli senza dimenticare la qualità e con un ingresso di 5 euro a serata. La prima stagione ha visto come tema il territorio e non è stato un caso: raccontiamo sul palcoscenico i luoghi che viviamo. La seconda è stata dedicata alla letteratura mentre la terza alla società. Il crescendo del pubblico è stato continuo. Teniamo sempre in mente una frase: “Il teatro deve essere una forma d’arte d’elitè per tutti”». E questo lo si vede anche dalle loro programmazioni: spettacoli di qualità e
di compagnie che, come loro, vivono di questo mondo. Nessun nome della televisione, nessun nome “popolare”, ma spettacoli che arrivano direttamente dal cuore e dal lavoro delle compagnie teatrali. «All’inizio è più difficile, ma con il passare del tempo il pubblico impara a fidarsi delle tue proposte e viene a teatro anche se non conosce il nome degli attori in cartellone. Abbiamo portato anche spettacoli difficili, penso a quello in dialetto bergamasco dell’800, e la sala era piena».
Alla stagione teatrale si aggiunge il lavoro di tutto l’anno della scuola di teatro, dedicata a grandi e bambini, con corsi frequentati rispettivamente da una quindicina di persone. Alla fine dell’anno debuttano con i loro spettacoli sul palcoscenico cassanese. «Una realtà che permette di imparare a recitare ma anche tutte le competenze che servono per realizzare uno spettacolo teatrale, dalle luci alle scenografie. Ci sono bambini che sono cresciuti con noi e oggi fanno parte del corso degli adulti. Altri che hanno iniziato a lavorare con noi e ci aiutano durante gli spettacoli». Un vero e proprio “motore” culturale ma non solo: «Quando si dice che la cultura costa non è vero, al contrario: genera lavoro. Penso alle persone che collaborano con noi, ma anche alle attività che qui intorno: hanno degli introiti grazie al fatto che esiste un teatro che funziona». Ovviamente le difficoltà ci sono, i fondi non sono facilmente reperibili e il territorio non è sempre disposto a rispondere in maniera eccellente. «Quest’anno scade il bando della fondazione Cariplo delle residenze teatrali e andremo avanti con le nostre forze. Il Comune ci lascia la struttura a titolo gratuito e questo è già tantissimo». Intanto si pensa all’estate quando realizzeranno un festival itinerante dal titolo “Dei confini. Festival di Teatro, Arte, Musica e Natura” (sostenuto grazie ad un altro bando Cariplo e da Provincia di Varese, della Comunità Montana Valli del Verbano e di alcuni comuni coinvolti), che preannuncia tre fine settimana di sorprese dove gli spettacoli escono dalla mura di questo teatrino che ha il sapore d’altri tempi. E pensare che, come racconta Dario, è nato grazie alla volontà dei cittadini che hanno messo gratuitamente materiali e mano d’opera. «Dalle carte si legge che il vescovo aveva dato ai cassanesi la dispensa per lavorare anche di domenica, altrimenti era proibito. Questo spazio era stato voluto dalla Filarmonica e dalla Filodrammatica del paese». Una storia, quella del teatro, che è stata raccolta e presentata dalla compagnia in un copione, “L’ultima parola”: «Siamo andati in giro per il paese e abbiamo raccolto le testimonianze di coloro che ricordavano la storia di questo spazio, della battaglia del San Martino ma anche di altri luoghi del paese». Un piccolo teatro che è storia e continua a fare storia. (Foto nell’articolo di Domenico Semeraro)
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