La storia dei frati della Brunella
Dal “Calandari” della Famiglia Bosina, di Pier Fausto Vedani
Il 1938 fu un anno di rara importanza per la storia europea.
Inghilterra e Francia piegarono la testa davanti all’espansionismo nazista ai danni prima dell’Austria e poi della Cecoslovacchia, sulla quale, sempre per rivendicazioni etnico-territoriali, si avventarono pure Ungheria e Polonia, prima che Hitler, ottenuto il territorio dei Sudeti, dove si parlava tedesco, occupasse addirittura Praga.
Nel 1938 ci si stava avvicinando a un conflitto che sarebbe stato prima continentale e poi mondiale mentre era già in atto dal 1936 una feroce guerra civile in Spagna, dove con il falangismo del generale golpista Francisco Franco, che si era ribellato a un governo di sinistra democraticamente eletto, fascisti e nazisti combattevano contro un vasto schieramento supportato dall’Unione Sovietica. E proprio quando Stalin, correva appunto il 1938, per non rompere il rapporto ufficialmente buono con Hitler, non intensificò gli aiuti alla Spagna democratica, nel sanguinoso conflitto iberico si ebbe la svolta fatale: pochi mesi e nella primavera del ’39 Franco avrebbe vinto dando vita a una dittatura lunga e dura.
1 settembre 1939, ecco l’invasione nazista della Polonia che scatenò la grande guerra: milioni di morti prima che fosse abbattuto l’ orco nazista al quale si era alleato Mussolini.
Nel 1938 si iniziava a Varese un’ altra silenziosa, piccolissima, pacifica e rivoluzionaria invasione che avrebbe dato grandi risultati sul fronte del bene comune e dell’amore per il prossimo. Obiettivo degli "invasori" completare, per disposizione della Provincia Monastica Francescana. la rinnovata presenza dei frati Minori e dei Cappuccini a Varese dopo la cacciata del 1797 a opera della Repubblica Cisalpina e dei successivi diktat napoleonici e dopo avere ottenuto di nuovo il diritto,a partire dal 1840, di esistere e di operare .
Dalla Provincia Francescana messi in campo, per la pacifica " Reconquista" di Varese, assieme ai Frati Minori anche i Cappuccini – davvero grande pure la loro storia qui da noi grazie a Padre Aguggiari – schierati, all’ "Ungheria", in viale Borri e che il 1 luglio del 1939 avrebbero visto il cardinale Schuster benedire la prima pietra della loro chiesa.
Le avanguardie dei Frati Minori furono due religiosi, ovviamente poveri in canna, ma dal cuore ardente per la missione che era stata loro affidata. Provenienti dal convento di Busto Arsizio, padre Domenico Portesi e frate Leandro Maino il 25 marzo 1938 presero possesso di un edificio colonico da restaurare,alla Cascina Brunella e situato alle pendici del colle dei Miogni; la Provincia Francescana già dal 1937 aveva completato le pratiche burocratiche per l’approdo a Varese, graditissimo dalla popolazione che da subito aiutò i frati, affiancandoli nella loro azione di pace, bene e amore per i poveri, sostenendoli inoltre nel recupero pieno anche della devozione a Sant’Antonio. Il Santo nel 1228 sostò da noi come predicatore e avviò la realizzazione di un conventino a Biumo Superiore. In seguito egli, amatissimo e popolare, sarebbe stato accostato a Vittore come patrono della città.
I francescani furono presenti stabilmente a Varese sin dal XIII secolo, molto li aiutò un loro superiore, Frate Supermons, bosino di Bosto, e un paio di secoli dopo ebbero in Bernardino da Siena, travolgente oratore e motivatore un favoloso testimonial: la comunità intera si infiammò per la causa francescana . I frati sempre ebbero positivi riscontri della loro attività nel territorio, anche le classi abbienti e il potere laico furonoriconoscenti: non a caso la presenza francescana nei secoli si concretò in un importante percorso di conventi e chiese che si bloccò per la soppressione dell’ordine monastico nel 1797.
C’era dunque tutto da rifare e poco prima della fine degli Anni 30 del secolo scorso ecco il pianificato ritorno a Varese sia dei Cappuccini, sia dei Frati Minori che per primi erano approdati da noi nel XIII secolo.
I Frati Minori sbarcarono a Varese nel 1938 avendo potuto già programmare la costruzione della futura residenza. Subito nel complesso colonico della Brunella in un porticato venne ricavata una cappellina , successivamente tra le vie Crispi e Marzorati ci fu la realizzazione di un piccolo convento e di una chiesetta la cui prima pietra fu benedetta il 19 giugno 1939 dal prevosto di Varese mons. Proserpio.
I primi lavori nella cascina avevano visto un umilissimo frate alternare, con risultati sorprendenti, la cazzuola ai riti religiosi che vedevano accorrere sempre più numerosi i fedeli del luogo. C’è ancora chi si ricorda di frate Vivaldo Rolfi, abilissimo nel realizzare la cappellina che sarebbe stata il primo efficace, grande richiamo alla preghiera.
La vecchia cascina era solo il punto di partenza di un progetto che nel dopoguerra avrebbe assunto dimensioni importanti grazie alla risposta della comunità locale alle iniziative dei frati.Si susseguirono infatti nel tempo proposte concepite esclusivamente come servizio alla gente, come percorso per una crescita di fede e umana, come amore per il prossimo. La risposta della popolazione sarebbe stata sempre grande e inoltre si ripeté un fatto straordinario – per la verità la straordinarietà più volte si è presentata nelle vicende francescane – e così mentre ai Cappuccini nel XVII capitò di ritrovarsi uno scatenatissimo padre Giambattista Aguggiari che promosse la realizzazione del viale delle cappelle come approccio di preghiera e di fede a Santa Maria del Monte, ecco che per la loro missione cittadina iniziata nel 1938 i Frati Minori ebbero al loro fianco un grande dell’architettura, Giovanni Muzio, protagonista di fama internazionale nella costruzione di edifici religiosi.
Cultura e fede hanno reso ineguagliabile la storia della Chiesa e dell’Italia, Muzio qui da noi avrebbe dato ampio respiro al progetto del nuovo insediamento voluto dai frati e dalla popolazione e lo accompagnò con un segno destinato a rimanere nel tempo, a qualificare da un punto di vista architettonico e culturale la presenza dei francescani a Varese. Non è infatti un caso che la cupola della chiesa della Brunella, eletta a santuario, sostanzialmente la si riveda nella basilica della Annunciazione di Nazareth.
Muzio lo troviamo in azione sin dall’inizio, dalle prime fasi dell’impegno, lavorerà sino agli Anni 60, grande maestro che colse subito la portata del progetto al quale da parte dei frati si era messo mano con umiltà rara, con dedizione assoluta.
Ma non era e non è una novità che la storia dei Frati Minori sia fatta di piccoli passi nel segno della tenacia e di una fiducia incrollabile. Lo si poté constatare da subito anche in quel piccolo mondo ai piedi di uno dei colli varesini nel quale essi erano entrati in punta di piedi chiedendo alla popolazione piccoli gesti e collaborazioni per un progetto di vita nuova.
I frati hanno chiesto e ottenuto molto, ma hanno dato moltissimo a quella che è diventata la loro gente e anche ai numerosissimi amici che si sono fatti nel resto della città. Un cammino che è stato sempre condivisione pure nei momenti difficili della grande guerra che hanno visto distruggere, era l’aprile del 1944, dagli aerei angloamericani parte di quanto avevano realizzato quando l’obiettivo dei bombardieri era lo stabilimento della Macchi.
Uno degli ultimi censimenti dava la Brunella- diventata parrocchia nel 1968- riferimento religioso e culturale per diecimila varesini.
Ne è passato di tempo da quando, primi protagonisti padre Domenico Portesi e frate Leandro Maino, si iniziò la missione tra la gente partendo dalla disponibilità di una vecchia casa colonica e di aree che annunciavano il vuoto della periferia.
E’ interessante richiamare le tappe principali di questo impegno francescano per il santuario della Brunella.
Sono tappe connesse allo sviluppo del progetto che teneva certamente conto di un traguardo finale, ma che veniva affrontato e aggiornato in base ai risultati di quella che in fondo altro non era che una missione in linea con il dettato e l’esempio di san Francesco. A Varese poi c’era una grande storia da ricuperare, occorreva quindi
riannodare il filo con il passato, ridare continuità al rapporto con la città che nei secoli aveva sempre primeggiato in termini di devozione e rispetto per gli ideali francescani.
In questo nostro ricordo piccolo, senza pretese ma sincero, dell’attività dei frati alla Brunella, ci dobbiamo limitare alle tappe principali del loro percorso che ha avuto anche una valenza sociale di portata enorme e per di più sempre rispettosa delle tradizioni, dei valori fondanti e delle scelte delle genti del territorio.
Come abbiamo già detto Il primo lavoro fu di restauro nella vecchia cascina dove luogo di culto fu la cappellina sotto un portico uscita dalle mani di fra Vivaldo , poi su disegni di Muzio ecco la chiesetta,intitolata a sant’ Antonio e il piccolo convento terminati nel 1940. Dopo le distruzioni della guerra. la necessità di avanzare con il grande progetto fu sempre nel cuore dei frati che ebbero la gioia e la responsabilità di vedere il 28 ottobre 1951 l’avvio dei lavori, secondo il grande progetto Muzio, di un tempio e di un complesso che sarebbero diventati il santuario dedicato a sant’Antonio da Padova, convento, scuola, sede di servizi alla Chiesa su richiesta della Curia, e dopo il riconoscimento come parrocchia del 1968, servizi alla comunità con l’oratorio e altri spazi per le tradizionali attività educative. Nel 1977 viene eretta al Montello una cappella "succursale", dedicata a Santa Maria della Gioia, per soddisfare le esigenze dei fedeli del luogo.
Nel 1984 parte del complesso diventa sede episcopale della zona accogliendo anche attività varie della Chiesa varesina.
L’arrivo del nuovo secolo, a compimento di un lungo periodo di crescita religiosa e culturale e di un servizio eccezionale alla popolazione ,ecco la consacrazione del tempio da parte dell’ arcivescovo Martini.
Della vicenda francescana alla Brunella molto ci sarebbe da ricordare e sottolineare, in particolare la dedizione di frati che ebbero incarichi diversi, la generosità dei benefattori, la frequentazione dei fedeli e il loro amore per la parrocchia.
E’ anche così che si scrive la grande storia, non solo quella religiosa, di una città .E’ anche così che si può essere luce alla quale guardano pure i non credenti.
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