Levante: «Che bello poter gridare “Che vita di Merda”»
Spontanea, ironia e sincera. La cantautrice che sta esplodendo nelle radio si racconta in un'intervista prima di arrivare in provincia per un appuntamenti (15 giugno) con Microcosmi, il festival di Comerio
Spontanea e sincera. Levante la si può descrivere così. Come la sua canzone, quella che sta spopolando su radio e Youtube, dove canticchia allegramente “Che vita di merda…nananana”.
Classe 1987, è di Caltagirone ma per la musica è arrivata a Torino, dove ha incontrato la casa discografica che poche settimane fa l’ha fatta esplodere nelle nostre casse (o cuffie).
Le facciamo qualche domande in vista del suo arrivo in provincia dove parteciperà come ospite a Microcosmi, il festival di Comerio organizzato da Vittorio Cosma nel tardo pomeriggio di sabato 15.
Un bell’assaggio, prima di poter ascoltare il suo album di debutto che uscirtà ad ottobre e che si intitolerà “Manuale Distruzione”. Un’artista da scoprire poco a poco, tant’è che non sappiamo ancora il suo vero nome.
Il tuo brano sta spopolando su YouTube e Radio Dj è “impazzita” per te. Ti aspettavi tutto questo successo?
«No, per niente! E’ stata una grandissima sorpresa sapere che Deejay avesse preso a cuore la faccenda di ALFONSO e inoltre ricevere le attenzioni di personaggi di un certo spessore, nell’ambito musicale e non, è stato davvero importante».
Quando e dove inizia la carriera artistica di Levante?
«La carriera artistica di Levante nasce intorno al 1999 a Palagonia, nell’entroterra del Calatino. Ho iniziato a scrivere i primi testi e poi ho sentito l’esigenza di musicarli, ecco che mi sono avvicinata alla chitarra, la prima era una Classica sgangherata».
Perchè la scelta di questo nome d’arte? E’ legato all’immagine della tua terra?
«Sarei banale se ti dicessi che Levante ha scelto me? Pazienza! Levante ha scelto me. E’ il soprannome che mi diede un’amichetta da ragazzine. Lasciata la Sicilia non rimaneva che aggrapparmi a tutto quello che, in qualche modo, mi riportava lì, dove ero nata e cresciuta, nell’unica terra alla quale sento di appartenere».
Cosa ci dobbiamo aspettare dall’album che pubblicherai ad ottobre? Come nasce “Manuale Distruzione” e quali sono i temi?
«MANUALE DISTRUZIONE è una strada lunghissima, che ho percorso da sola. Ogni tanto qualcuno mi ha tenuto la mano ma sono certa d’averla percorsa per lo più da sola. Ci sono storie divertenti, tristi, emozionanti , raccontate nel modo più semplice e schietto possibile, in cui la parola comune è VITA . Se dovessi avvisarti sul progetto ti direi: PREPARATI A RICEVERE TANTA SINCERITA’».
La tua casa discografica è di Torino, come è nato questo fortunato incontro?
«Tornavo dall’Inghilterra con un bagaglio pieno di delusioni. Pula+ mi convinse a contattare Davide Pavanello e così ci si incontrò per un caffè lungo tutto il riassunto della mia vita artistica. Gli feci ascoltare uno dei brani che oggi è custodito in MANUALE DISTRUZIONE e mi disse “Mi ha fatto cappottare dalla sedia”. Nulla di più bello».
Ma, alla fine, chi è Alfonso?
«Alfonso… non lo so. Forse sono io, forse ho dato questo nome alla mia insofferenza, al momento da disadattata che stavo vivendo in qualunque posto fossi. Mi sentivo continuamente ad una festa in cui tutti sono divertiti e “presi bene” (come dicono a Torino) ed io no. Che bello è stato gridare CHE VITA DI MERDA».
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