Matteo Castiglioni, spunta l’imputazione di riciclaggio
Dopo la prima udienza possibile cambio di strategia difensiva per l'imprenditore bustocco in carcere dall'inizio di febbraio con l'accusa di evasione fiscale e intestazione fittizia di società estere. Forse sceglierà il rito abbreviato
Per Matteo Castiglioni c’è anche il reato di riciclaggio. A contestarglielo è stato questa mattina il pubblico ministero Pasquale Addesso, nel corso della prima udienza del processo a suo carico nell’aula Falcone e Borsellino del Tribunale di Busto Arsizio, che già prevedeva l’evasione fiscale e l’intestazione fittizia di beni. L’imprenditore bustocco, in carcere dai primi di febbraio di quest’anno, non era presente in aula questa mattina e solo dieci giorni fa è stata respinta dai giudici la richiesta dell’avvocato Cesare Cicorella per ottenere gli arresti domiciliari.
La contestazione del reato di riciclaggio ha portato ad un possibile cambio di strategia da parte del legale che a questo punto deciderà con il suo assistito, entro la prossima udienza prevista per il 24 luglio, se proseguire con il dibattimento oppure scegliere il rito abbreviato. L’aggravamento della posizione dell’imprenditore, infatti, avrebbe portato al cambio di strategia difensiva. Grazie al rito abbreviato, infatti, in caso di condanna la pena sarebbe ridotta di un terzo.
La vicenda giudiziaria di Matteo Castiglioni ha inizio con la contestazione di alcuni finanziamenti alle proprie imprese attraverso società finanziarie estere che – secondo il pubblico ministero – sarebbero riconducibili in tutto e per tutto alla stessa famiglia Castiglioni attraverso un prestanome, il faccendiere Sergio Lorenzin che ha aperto la strada all’indagine. In questo modo le imprese si finanziavano utilizzando capitali di famiglia all’estero, ereditati dal padre e consistenti in circa 10 milioni di euro secondo il pm, soldi che poi si sarebbero autorestituiti con gli interessi, ridepositandoli all’estero (da qui l’ipotesi del riciclaggio, ndr). Castiglioni, inoltre, era finito sotto la lente di ingrandimento della finanza britannica per il noleggio, attraverso nomi di defunti, di un catamarano da 1,5 milioni di euro che lo stesso imprenditore aveva acquistato tramite società estere di noleggio fittizie. Il commercialista Gabriele Tosi, considerato l’artefice delle operazioni irregolari, ha già patteggiato.
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