#zatteratour, Buenos Aires tra i suoi problemi e la voglia di bellezza

Il museo Malba è stata la prima tappa del tour di Progetto Zattera, dove hanno tenuto diversi spettacoli. Hanno girato per la capitale argentina attraversando Plaza de Mayo e contando le immagini di papa Francesco per le strade

I componenti dell’associazione culturale Progetto Zattera fanno il punto della situazione dopo qualche giorno dal loro arrivo a Buenos Aires, in Argentina, dove stanno facendo un tour teatrale in italiano e spagnolo. Uno sguardo rapido alla situazione politica, pezzetti di vita quotidiana, gli autobus pieni di lavoratori e il museo d’arte moderna e contemporanea, il primo dei tanti palchi sui quali si sono esibiti di fronte a centinaia di bambini e ragazzi. Da chiarire subito: in Argentina al momento è inverno e i bambini sono a casa per le vacanze.

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Dire che siamo in inverno è uno scherzo, perché abbiamo avuto quasi 22 gradi e qualche volta soltanto per caso 8 o 9 gradi. L’Argentina ha suoi problemi perché deve votare a ottobre per il Parlamento e non si parla di altro: candidati, liste, traditori, corruzione. Sembra l’Italia, in qualche modo.
 

 
  
Poi tutti sono sempre impegnati a lavorare, tutti hanno uno o due lavori, e qualcuno ne ha tre, per circa 5mila o 7mila pesos da portarsi a casa, una cifra con cui sia possibile mantenere una famiglia, una casa, una macchina, una vacanza e anche questo sembra Italia. Tutti hanno una copertura per prendere il pullman e il treno, anche se il treno è ancora quello comprato da Perón dagli inglesi e pitturato a Menem per far credere che era nuovo.

Per le strade c’è ancora qualcuno che raccoglie i cartoni, ma tante persone in questi giorni stanno visitando il Malba, museo di arte latinoamericano: fanno la fila per vedere una artista che si chiama Kusama. I pensionati possono evitare di fare la fila e il mercoledì i bambini entrano gratis.

  

Saranno le stessi che l’altra sera, eran circa 60mila nello storico stadio del River a salutare Ariel Ortega, quello che alla Sampdoria era andato senza salutare. Fanno la coda come se fosse Tiziano o Picasso, ma in realtà questa signora tutta da raccontare non ha niente a che vedere con gli argentini, visto che è nata in Giappone e non parla una parola di spagnolo. Ma forse questo è il suo segreto e il suo mistero, che lei abbia prima di tutto un mondo interiore, un luce nel buio della mente che intriga questi portenios desiderosi di dimenticare il tango e la politica per un attimo, per dedicare tempi lunghi alla contemplazione dell’arte dopo una lunga fila di circa due o tre ore, per poi tornare a casa nella tiepida notte di inverno con il mate in mano.

 

Noi, piccolo gruppo di teatro, entriamo e usciamo dal museo. Artisti in viaggio, di una compagnia di girovaghi, abbiamo attraversato il mare, per rendere un piccolo tributo al teatro degli amici, che questa mattina sono venuti da Tigre, Jose C. Paz, la Plata.

 

Abbiamo fatto teatro per i bambini. Qua li chiamano bambini di Comedores, perché vanno a scuola e ai campi estivi a giocare e studiare, con un piccolo boccone in mano. Ma oggi abbiamo condiviso il nostro spettacolo. Loro sono arrivati rumorosi e sono stati silenziosi e sorridenti, e generosi, perché hanno condiviso la loro voglia di guardare iI teatro, al di là del loro piccolo mondo. Come si fa a parlare di fame con una fiaba, a chi per una ragione o un altra, ha visto la fame da vicino, e qualche volta ancora oggi la tocca con mano. Non saprei raccontare di preciso come abbiamo fatto, ma mentre fuori c’era una fila di giovani e adulti ad aspettare il loro turno, dentro al teatro c’erano 250 bambini felici, e tutta una compagnia arrivata quasi alla fine del mondo per sentire questi applausi che valgono come un sacco pieno di monete d’oro perché ti danno quella sostanza, a cui è impossibile rinunciare quando si ama la vita, quell’essenza invisibile che tiene a galla il mondo, l’ironia di vivere. Nonostante tutto, nella difficoltà trovi la forza per ridere per guardare
avanti.

Mentre le strade sono cariche di traffico, I pullman portano a casa migliaia di lavoratori, e le foto de papa Francesco sbucano in ogni angolo. Andremo a trovare a Vera Vigevani, in quella piazza storica dove le madres e le abuelas hanno recuperato la democrazia argentina.

Incredibili persone, incontri stupefacenti, spazi inimmaginabili ma quello che colpisce di più in questa città è la gente. Buenos Aires, la città che ha ospitato, accolto e a volte nascosto tutti, anche i nazisti e i fascisti di mezzo mondo, non solo tedeschi e italiani. La città che nella feroce dittatura fece scomparire migliaia dei suoi figli, fra l’altro gettandoli nel grande fiume che scorre al suo centro. Buenos Aires, la città più europea del Sud America, una straordinaria mescolanza di popolazioni del vecchio continente.

 

Forse in Italia quello che manca è non aver ancora toccato il fondo. O meglio, nella migliore delle nostre tradizioni, toccato il fondo si comincia a scavare per non dover ammettere di aver toccato il fondo. Qui il fondo l’hanno toccato eccome ma Buenos Aires si rialza e gli argentini anche. Ovunque andiamo troviamo persone disposte a parlare e a confrontarsi persone che socializzano anche solo davanti ad un caffè.


Il tour dello Zattera Teatro 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Luglio 2013
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