Addio a Jimmy Cortellini, barbiere degli anni del boom

Il ricordo di Pier Fausto Vedano del parrucchiere che aveva il negozio in via Volta: lui e i suoi colleghi hanno "rivoluzionato" il concetto di barbiere con il tatto, la cura e il rispetto del cliente

E’ morto Jimmy Cortellini, noto parrucchiere: ha dovuto arrendersi alla implacabilità di un male feroce e fulmineo. Jimmy  faceva parte di quel gruppo di giovani parrucchieri  lombardi e meridionali che, negli Anni 60 – quelli del boom economico con Varese quarta  città d’Italia – aprendo più negozi nel centro cittadino rivoluzionarono il servizio di barberia. Furono infatti innovativi, seppero accompagnare i loro clienti, tutti coccolati con discrezione, attraverso le  mode che si sarebbero succedute nel tempo e che hanno visto  la trasmigrazione dei “capelloni” del ’68  nel regno uniforme delle odierne legioni di rapati  dove c’è tutto sommato la controprova che ogni testa è fatta a suo modo. Teste che per me hanno solo il pregio di ricordare la ”melunada”, rasatura a zero di giugno e sospirato segnale d’inizio delle vacanze estive scolastiche.
Varese rispose  positivamente alle novità di questi negozi che divennero quieti, discreti salotti, dove il servizio era eccellente e fornito da ragazzi svegli, aggiornati, non invadenti nel rapporto con i clienti. Oggi il parrucchiere da uomo è attività in crisi, abbiamo interi quartieri senza locali di riferimento, la generazione dei vincenti è andata in pensione dopo aver fatto carriera, dopo essere diventata proprietaria o comproprietaria addirittura anche dell’immobile.
Secondo una esperta dei servizi di cura della propria persona che le donne riservano a se stesse, al primo posto c’è la parrucchiera, al secondo il ginecologo. Da sempre si sa che il barbiere da uomo ha un ruolo sociale, Rossini l’ha pure musicato, e credo che lo si possa indicare in quello del confessore laico. I ragazzi del boom e con loro il caro Jimmy Cortellini lo hanno svolto con tatto, rapportandosi con nuova misura nei confronti dei clienti, evitando questioni di lavoro se si trattava di industriali e professionisti, mai banalizzando lo sport, usando tatto e diplomazia in politica. E sempre cercando di mettere qualcosa da parte, magari anche solo briciole, dopo aver parlato con clienti di massimo riguardo e di ottima cultura. Insomma in Jimmy e nei suoi amici – non si ritenevano mai concorrenti e tanto meno avversari – c’era una professionalità che con il tempo sarebbe sempre migliorata. Ho guardato loro sempre con simpatia proprio per essere stati rivoluzionari seri, certi della bontà delle loro scelte. Jimmy mi aveva incuriosito per la sua passione per il tennis, per i ricordi della sua non facile infanzia nel Cremonese, per l’amore alla  sua famiglia, per le vacanze all’estero che considerava un arricchimento personale, per il rispetto verso i suoi clienti, dei quali non tradiva mai le confidenze. Sorrideva quando gli ricordavo le esplosive irruzioni di Mauro Raffo nel negozio di via Volta.
Un uomo che amava la semplicità e le idee chiare. Uno dei tanti varesini che facendo bene il proprio dovere in qualche misura ha contribuito a costruire il miracolo bosino. E con lui gli altri ragazzi del clan che avevano voglia di lavorare.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 23 Ottobre 2013
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