Serve una Legge dell’(In)stabilità e fiducia nell’impresa
Mauro Colombo, direttore generale di Confartigianato Imprese Varese, commenta l’incontro di ieri sera (lunedì 28 ottobre) a Busto Arsizio
Parole sincere, quelle del ministro allo Sviluppo Economico Flavio Zanonato, ma alle quali non sempre è facile credere. I mille imprenditori presenti ieri a Malpensafiere per il convegno “Meglio in Svizzera?”, organizzato da Confartigianato Imprese con il Corriere Della Sera, hanno smesso di “credere alle favole”. E vorrebbero istituzioni in grado di procedere in un’unica direzione con coerenza. Una direzione che non è fatta di aiuti, agevolazioni o fondi – non è questo che hanno chiesto le imprese presenti a Busto – ma di coraggio nell’attaccare i poteri forti e quella spesa improduttiva che è la prima “voce di bilancio” del Governo sulla quale intervenire. Nelle imprese c’è rabbia e rassegnazione: rabbia nel sentirsi impotenti nei confronti di chi non dà alcuna fiducia al loro lavoro quotidiano, e rassegnazione di fronte a chi prende decisioni senza conoscere le vere esigenze della piccola imprenditoria.
A Busto Arsizio, gli imprenditori hanno solo chiesto un riconoscimento di ciò che fanno ogni giorno. E la possibilità di poter lavorare con le stesse condizioni che permettono ad ogni altra impresa europea di competere e crescere. Abbattimento della tassazione, taglio della burocrazia, diminuzione del costo del denaro, facilità nell’apertura di nuove attività: la questione è europea, perché è all’interno della UE che le nostre imprese devono affrontare i maggiori gap nei costi di energia, lavoro, carburante, fisco, concessione del credito, autorizzazioni.
Non serve una Legge di Stabilità ma una Legge dell’(In)stabilità in grado di cambiare – in meglio, ovviamente – i rapporti tra imprese e pubblica amministrazione. Una legge coraggiosa e lungimirante che sappia affrontare con determinazione il problema dell’ingerenza dello Stato nell’economia che, da sempre, va a vantaggio dei “soliti”. Il ministro Zanonato, nell’elencare ciò che il Governo ha “fatto” per le imprese, si è dimenticato di dire che le amministrazioni pubbliche ad ogni livello – centrali, regionali, periferiche – sprecano oltre 240 miliardi di euro all’anno in spesa pubblica. E non ha detto che, ogni anno, l’Italia paga 85 miliardi di euro per mantenere in vita il proprio debito quando i tedeschi ne pagano 20, i francesi 30 e gli spagnoli 50.
Prendere atto della buona volontà del ministro è doveroso, ma non possiamo non insistere sul fatto che la spesa pubblica deve essere attaccata, perché non ci potranno essere riforme valide senza un tale intervento. Da qui la rassegnazione delle imprese: “gente del fare”, si definiscono gli imprenditori, ormai coscienti del fatto che la buona volontà si scontra con la non volontà di prendere decisioni scomode – da parte del Governo – eppure indispensabili per poter procedere nella giusta direzione.
La Legge dell’(in)stabilità è questa, perché l’instabilità è una scelta competitiva che interviene proprio su quello che rallenta la crescita imprenditoriale, che toglie opportunità di sviluppo e non permette alle eccellenze di emergere. Una Legge di mantenimento, in questo momento economico, non serve perché non inserisce misure consistenti e di spessore per la ripresa economica. E’ per questo che le imprese vorrebbero andare in Svizzera.
Ma non è questo ciò che serve alle aziende, perché a Busto ci si è accorti – ancora una volta – della presenza di un sistema consociativo che vuole mantenersi così come è e che vuole essere impermeabile a quei cambiamenti che, invece, chiede a imprese e cittadini. I sacrifici devono essere condivisi: li si chiede alle imprese e alla collettività, ma il buon esempio deve partire dall’alto, perché “così non possiamo andare avanti”. E quando a dirlo sono più di mille imprenditori…
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