Coppia sumiraghese bloccata in Congo da un mese

Matteo Galbiati e l'assessore Mara Gorini vi si sono recati 4 settimane fa per incontrare, conoscere e riportare a casa la loro bambina congolese presa in adozione

«Siamo bloccati da più di un mese e la situazione si fa sempre più difficile». Matteo Galbiati e Mara Gorini, residenti a Sumirago dove la Gorini è anche assessore comunale, si trovano in questo momento in Repubblica Democratica del Congo dove si sono recati ormai 4 settimane fa per incontrare, conoscere e portare a casa la loro bambina presa in adozione. Un momento molto emozionante per la coppia sumiraghese che però, al di fuori della gioia famigliare, dal punto di vista pratico e burocratico si sta trasformando in un incubo.

Insieme ad altre 26 coppie di genitori partiti con lo stesso scopo si trovano ora in "ostaggio" dei lasciapassare e non possono muoversi dalla struttura della quale sono ospiti.
«Ci siamo mossi solo dopo aver svolto tutte le pratiche necessarie – spiega Galbiati – e, ottenute le autorizzazioni della commissione adozioni internazionali, siamo arrivati in Congo per l’ultimo emozionante momento di questo percorso: conoscere nostra figlia e tornare a casa con lei e i nostri figli di 7 e 10 anni». Qualcosa, però, si è bloccato. Le coppie di genitori sono finite al centro di un’inspiegabile paralisi burocratica che non gli permette di ripartire: «Le pratiche per le adozioni sono già state autorizzate: sia per le autorità congolesi che per quelle italiane la bambina è già a tutti gli effetti nostra figlia; il blocco è solo nella firma che permette la partenza verso casa».

La vicenda è da tempo sotto la lente dei due stati e all’inizio dello scorso novembre anche il ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge era partita per una missione in Africa al termine della quale aveva garantito che la situazione sarebbe arrivata ad una soluzione. Lo stato dei fatti però non è questo: «Alcune famiglie sono qui da 5 settimane, noi da un mese – racconta Galbiati -, siamo bloccati all’interno della struttura che ci ospita ed usciamo solo a piccoli gruppi di papà per andare a fare la spesa in un mercato qua vicino, schivando militari e posti di blocco. Tra 15 giorni finiranno anche i soldi e non sappiamo neanche come si possa fare una transazione economica per avere nuove risorse. L’acqua e il cibo che troviamo sono spesso malsani e provocano ulteriori problemi di salute».

La situazione in Congo non è ovunque tranquilla, il paese è insanguinato da due decenni di guerra civile e la cosa che più preoccupa è la mancanza di canali istituzionali di informazione: «Abbiamo scritto al ministro Kyenge, a sottosegretari, alla commissione internazionale per le adozioni, ma non riceviamo informazioni e risposte – racconta Galbiati -, l’unico nostro contatto è l’ambasciatore italiano a Kinshasa Pio Mariani e alcuni canali con la politica provinciale varesina e lombarda che abbiamo attivato ma solo per conoscenze personali, a livello di comunicazioni istituzionali non riusciamo ad avere un quadro preciso della situazione. In un certo senso ci sentiamo abbandonati».

In mezzo ad un situazione così delicata resta solo la felicità famigliare del momento: «Abbiamo conosciuto nostra figlia e vedere tutta la famiglia insieme in questi giorni è emozionante e la felicità ci fa superare le preoccupazioni, ma è sempre più necessario che si agisca per sbloccare la situazione».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 05 Dicembre 2013
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