“Stiamo bene e teniamo duro”
La difficile situazione in Congo dove sono presenti molte coppie italiane che attendono per riportare in Italia i loro bimbi adottati. Parla Matteo Galbiati: “Sentiamo i rumori della guerra, ma siamo in una comunità protetta”
«Dite ai nostri concittadini, agli amici, che stiamo bene». Traspare un coraggio da leone nelle parole di Matteo Galbiati (nella foto tratta dal suo profilo facebook) che al telefono dal Congo parla col sottofondo di voci giovani, ma che qualche ora prima della chiamata intercontinentale con Kinshasa ha sentito con le sue orecchie scoppi di mortaio e colpi di mitragliatrici. Oggi – fonte Le Monde – ci sono stati nella capitale del Congo 40 morti per una serie di assalti, fra l’aeroporto e la RTNC la Radio-Télévision nationale congolaise, dove i ribelli sono stati respinti. Una situazione di paralisi per lo stato centrafricano che preoccupa molti dei nostri connazionali presenti in Congo per completare il processo di adozione internazionale – di per sè lungo e travagliato – a cui si somma il problema della difficoltà dei visti in uscita per i piccoli.
«Siamo in costante contatto con l’ambasciata italiana – spiega Galbiati, nella capitale congolese con la moglie e i tre bimbi – che ci aggiorna sull’evolversi della situazione. Oggi abbiamo udito delle esplosioni e delle raffiche in lontananza. Sappiamo che sta avvenendo qualcosa, ma è difficile sapere con certezza di cosa si tratta».
La famiglia Galbiati ha trovato riparo in una struttura religiosa. «Siamo in un luogo protetto – spiega Matteo, di Sumirago – e stiamo in una situazione forse migliore di altre coppie che comunque hanno trovato riparo in questo momento di attesa».
Dall’inizio dello scorso novembre, infatti, la famiglia varesina è in Africa: dal loro arrivo le procedure per ricevere il visto d’uscita si sono bloccate, complice una situazione di costante instabilità del Paese: «Per ora non abbiamo nessuno sviluppo legato al visto per il rientro in Italia. Questa mattina ho sentito per telefono le autorità italiane, ho parlato con funzionari italiani del ministero per sapere se vi sono novità. Un’ipotesi, se la nostra permanenza qui dovesse ulteriormente protrarsi, potrebbe essere quella del rimpatrio di mia moglie con due bimbi. Nel frattempo io rimarrei qui con la piccola: vedremo il da farsi nei prossimi giorni».
«Il clima di queste ore, a prescindere dai fatti di oggi, è quello dell’apprensione – spiega Galbiati – . L’ambasciata ci ha proibito di uscire. Le strade sono comunque deserte e si vive una sensazione simile a quella del coprifuoco». Nonostante questo Matteo è saldo e fiducioso, a tal punto da raccomandarsi, soprattutto per amici e parenti: «Stiamo bene, scriva che stiamo bene perché questa è la verità».
Sullo stesso argomento vedi anche:
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