Non possiamo uccidere la speranza di guarire

Pubblichiamo una lettera del dottor Giorgio Pini, direttore del Centro Rett della Versilia, che illustra il del ruolo della sperimentazione animale nella cura di "malattie vigliacche" come la sindrome di Rett

«Nessuno deve procurare dolore, nessuno deve sacrificare animali per scopi estetici o commerciali, ma nessuno deve uccidere la speranza nella scienza che ha debellato la poliomielite, il vaiolo, che ha trovato la cura per la meningite ed altre gravi encefaliti e che lotta contro il Parkinson, l’ Alzheimer, i tumori ed altre malattie genetiche e degenerative». A scrivere queste parole è il dottor Giorgio Pini, direttore del Centro Rett della Versilia, specializzato nella cura della Sindrome di Rett, una grave patologia neurologica che colpisce le bambine. La sua lettera, che pubblichiamo, affronta il tema della sperimentazione sugli animali ed è inviata alla dottoressa Nicoletta Landsberger, specialista nella cura di questa malattia. 

Cara Nicoletta,
scrivo in merito alla tua richiesta di un’ opinione.
Non vorrei annoiarti con notizie di carattere personale, ma non posso evitare di farti sapere che io sono un amante degli animali: in casa mia vivo con il mio cane, c’è anche il cane ed il gatto di mia suocera ed infine la gatta di mia moglie. Sicuramente comportano molto lavoro, ma ciascuno di noi ne ricava impagabile affetto.
Mia moglie poi ritiene che gli animali abbiano un anima, né più né meno degli esseri umani. E personalmente anche io penso che tutto il mondo animale, uomo compreso, non deve sottostare a violenza, dolore inutile, sacrifici non necessari.
Un mio amico, non è certo l’unico, sostiene che chi non vuol bene agli animali non vuole bene nemmeno al suo prossimo.
Ricordo che da studente andai a trovare la dottoressa Cesira Batini (quella per intenderci del gruppo di Moruzzi Magoun che compì mirabili studi sul sonno e la sostanza reticolare). Mentre stavamo parlando arrivò un giovane ricercatore che ci comunicò che il gatto con cui stava lavorando non si risvegliava dall’ anestesia. Cesira si arrabbiò come se le avessero ucciso un figlio proprio.

Come sai io curo bambine fragili, bambine con la sindrome di Rett. La sindrome di Rett è una terribile malattia che colpisce solo le femmine che, nate sane e sviluppate apparentemente bene nei primi mesi di vita, perdono le abilità acquisite come portare un cucchiaio alla bocca, fare due passi da sole, chiedere qualche cosa con le parole. Iniziano a contorcere le mani senza più la possibilità di fare un gioco o prendere un tozzo di pane. Poi compaiono disturbi respiratori terribili, iniziano a sbuffare, iperventilano, trattengono aria, gonfiano la pancia, come dovessero urlare con la gola chiusa o defecare, oppure restano in apnea per 30”, un minuto e anche più, diventano cianotiche, cominciano a muovere le braccia e le gambe convulsamente, a volte perdono coscienza. Nel 70% dei casi presentano crisi epilettiche che non di rado sono farmacoresistente, ovvero non rispondono al trattamento farmacologico.
Una certa percentuale di loro muore improvvisamente nella seconda decade di vita, per le alterazioni respiratorie, per difetti cardiaci o anche per l’epilessia. Talora la morte sopravviene in giovane età per un stato di cachessia.

I genitori sanno che questa malattia teoricamente è reversibile ed aspettano che la ricerca trovi la sostanza o il metodo che le guarisca o che almeno riduca drasticamente certi sintomi.
Ma si può somministrare un farmaco se questo non è stato testato contravvenendo al principio della medicina che dice: “primum non nocere”?
Si possono ripercorrere gli errori della commercializzazione del “talidomide”, sostanza sedativa ed antinausea che veniva somministrata alle gravide che ha determinato in quattro anni la nascita di 1500 bambini focomelici?
La sindrome di Rett è una malattia vigliacca: lascia credere che queste bambine cresceranno bene, poi proprio quando le bimbe si affacciano a comunicare con il mondo, un gene, fino ad allora silente, le rende autistiche, mute e gravemente disabili.

La scienza va avanti. Negli USA, una ricercatrice italiana ha scoperto che una medicina già usata per una rara forma di difetto di crescita, l’ IGF1, comportava nell’animale (il topo Rett) dei notevoli miglioramenti: questi topi affetti dalla malattia vivevano di più dei loro simili non trattati, miglioravano le loro performance cardiache, respiratorie e motorie.
All’Ospedale Versilia, come a Boston, abbiamo sperimentato questo farmaco in 8 bambine Rett. I nostri dati hanno dimostrato che il farmaco è sicuro e, più recentemente, lo studio di filmati in doppio cieco ha dimostrato un trend positivo di aspetti cognitivi e motori.
Attendiamo anche i risultati dello studio statunitense, che, avendo un numero maggiore di casi trattati, ha richiesto più tempo.

Io non so se questo è il migliore dei risultati possibili, so comunque che dovrà ancora essere studiata la dose ottimale che produca il massimo effetto e non induca effetti collaterali.
Se la mia bambina avesse questa malattia non esiterei a affidarmi a sperimentatori seri, ma chiederei con forza che venisse fatto tutto il possibile per studiare i benefici ed eventuali effetti collaterali o tossici, con studi cellulari, genetici ed anche sugli animali.

Sarebbe stupido tardare, sarebbe atroce se ai danni della malattia si dovessero aggiungere quelli iatrogeni, ovvero causati dall’uomo stesso e dalla stessa scienza monca. Nessuno deve procurare dolore, nessuno deve sacrificare animali per scopi estetici o commerciali, ma nessuno deve uccidere la speranza nella scienza che ha debellato la poliomielite, il vaiolo, che ha trovato la cura per la meningite ed altre gravi encefaliti e che lotta contro il Parkinson, l’ Alzheimer, i tumori ed altre malattie genetiche e degenerative.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 27 Gennaio 2014
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