Scola ai giornalisti: «La società plurale non sia un ring di wrestling»
Così il cardinale agli oltre 400 giornalisti che sono intervenuti al dibattito “Giornalista, testimone” "Servono testimoni autentici»
«La conoscenza dell’uomo moderno avviene attraverso la testimonianza. Per questo è importante la vostra professione giornalistica».
Lo ha detto questa mattina il cardinale Angelo Scola presso l’Istituto dei Ciechi agli oltre 400 giornalisti che sono intervenuti al dibattito “Giornalista, testimone” tra l’Arcivescovo di Milano e l’inviato de La Stampa Domenico Quirico, moderato dall’inviato RAI Donatella Negri. L’iniziativa è stata organizzata dall’Ufficio comunicazione della Diocesi di Milano per la festa del patrono della categoria, san Francesco di Sales.
«Distinguere il vero dal falso testimone rappresenta una delle questioni decisive della vita. Non esistono ricette o istruzioni per l’uso, tutti corriamo insieme il rischio. Il testimone è autentico quando il suo dire si accorda a ciò che vive. Abbiamo bisogno di buoni comunicatori abili non tecnicamente, ma nel raccontare l’umano di cui siamo diventati così poveri perché non siamo più capaci di ascoltarci».
Per Scola compito dei giornalisti è «facilitare l’amicizia civica, la necessità che si stia in relazione con una capacità di ascolto profondo» perché «la società plurale non può essere il ring di una battaglia di wrestling. Bisogna deciderci ad ascoltarci diversamente, a lasciarci fecondare dall’altro”.
Dovere del giornalista è di “narrare, di raccontare. Il compito vostro – ha ancora Scola detto ai giornalisti presenti – è quello di facilitare l’amicizia civica, la necessità di stare in relazione con una capacità di ascolto profondo in vista del riconoscimento”.
La verità “è complessa e il nostro limite nel coglierla è forte, spesso la intuiamo per frammenti”, ma essa “ci viene incontro come un abbraccio, e quindi domanda il nostro coinvolgimento”. Per Scola, che ha ripreso una espressione di Quirico la conoscenza “o è commossa o rimane astratta, non si può conoscere senza cuore”. Secondo il Cardinale oggi però “c’è un modo di guardare alla realtà e di giudicarla che, non passando più da questa autoesposizione, finisce per provocare conseguenze non positive per la società”.
Da qui l’invito di Scola ai giornalisti a evitare “l’attitudine negativa alla dietrologia che non ha nulla a che fare con la necessità di trasparenza e con il compito morale del giornalista di indagare”.
Da curare come un male sono pure il giudizio temerario e la maldicenza che possono compromettere la dignità delle persone. “Ognuno – ha detto il cardinale – è chiamato a verificare la veridicità della testimonianza dell’altro. La testimonianza autentica ha un suono riconoscibile. Ad esempio, noi tutti percepiamo che l’uomo bomba non è un martire. Martire è colui che dà il suo sangue per amore senza coinvolgere il sangue di innocenti. C’è una bella differenza, e questa percezione ce l’abbiamo”.
Durante il colloquio con Quirico centrale è stato il riferimento alla guerra in Siria. Riferendosi alle conversazioni avute con alcuni patriarchi e vescovi siriani, Scola ha confessato di provare «angoscia per il futuro dei fratelli cristiani in Siria». Timori che Quirico ha confermato raccontando di come nei progetti dei jihadisti nella Siria i cristiani potranno restare solo come “cittadini di serie B”.
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