Gallarate, cosa fare nell’area del Casermone? “Proviamo con le start-up”
Il Ministero della Difesa e l'Aeronautica Militare potrebbero chiudere il deposito AMI di viale Milano. L'assessore Pignataro ipotizza: "Facciamo un parco tecnologico per le aziende, per rilanciare l'industria"
Cosa fare dell’area del "casermone", quando l’Aeronautica Militare chiuderà il deposito? La domanda può forse sembrare ancora prematura – visto che una data certa non c’è – ma il dibattito già si è aperto. Perché l’ipotesi che il II Deposito Centrale dell’AMI sia a rischio chiusura si è ormai affacciata più volte, anche da parte degli alti gradi dell’Aeronautica Militare, e perché l’area che sta tra la ferrovia e viale Milano, nella zona Sud di Gallarate, è un’occasione importante per la città: «La possibile chiusura del deposito gallaratese dell’aeronautica non comporta solo la perdita di un importante pezzo di storia locale ma impone una riflessione sul futuro di quell’area. Che cosa sarà di quei 100.000 metri quadri?», si chiede l’assessore all’urbanistica del Comune di Gallarate, Giovanni Pignataro. «Potrebbero, credo, diventare una grande opportunità di ripensare nell’oggi la vocazione produttiva della nostra città e, più in generale della nostra provincia. Per questo la variante generale al PGT ha inserito un ambito di trasformazione (AT 17) che immagina l’area del deposito militare come un polo tecnologico per start up, dunque per le imprese innovative e creative. Magari, ma non necessariamente, in ambito aeronautico o aerospaziale».
L’assessore Pignataro ricorda «la crisi che investe tanta parte del comparto produttivo, locale e non, così come la spinta alla delocalizzazione che caratterizza molte aziende» e tratteggia l’idea del parco tecnologico per «rilanciare la vocazione imprenditoriale del nostro territorio, creare posti di lavoro (si calcola che l’indotto delle cosiddette start up sia 5 volte superiore), anche per figure professionali altamente qualificate, e, in sostanza, colmare un vuoto». Certo, in Lombardia ci sono esempi di poli già attivi, concentrati più in Lombardia orientale, che mostrano anche la crescente tendenza alla specializzazione, «farmaceutico piuttosto che agroalimentare e così via»: «Di qui l’idea, non perentoria ma meritevole di una riflessione, che l’eventuale polo gallaratese assuma una sua caratterizzazione», per esempio nel settore aeronautico.
«Tratteggiare un simile sviluppo non significa ignorare incertezze e problemi. Primo dei quali è la definizione dell’effettivo destino dell’area dell’A.T. 17. Va tenuto conto, inoltre, del progetto per certi aspetti simile, e dagli esiti poco felici, maturato nel recente passato a Busto Arsizio con il Polo Scientifico Tecnologico dei Molini Marzoli». Un riferimento anche a fronte di alcune preoccupazioni venute sull’idea, per esempio dal consigliere comunale leghista Matteo Ciampoli, che aveva ricordato proprio l’esperienza bustooca: «L’area in cui si insediò il Polo non ha cessato di essere sede per importanti attività» rileva ancora Pignataro. «Insomma, l’avere identificato quel luogo e quegli immobili come un’opportunità ha consentito comunque un’utile riconversione.Occorre, però avere il coraggio di pensare in grande e di farsi trovare pronti. Iniziare un percorso ambizioso e complesso possibile solo superando campanilismi che dividono e indeboliscono l’azione di singole realtà di fronte a problemi, quelli del lavoro, dell’innovazione e dell’imprenditoria, ampi e complessi». Uno dei nodi è proprio quello legato alla progettazione su scala territoriale, non limitata ad un solo Comune: «L’auspicio – conclude Pignataro – è che tutti, forze di maggioranza e minoranza in Consiglio Comunale, amministratori di altre città e interlocutori dei diversi livelli istituzionali e delle diverse categorie produttive valutino senza pregiudizi le potenzialità di una simile prospettiva, che sarebbe al servizio di un territorio molto più ampio di quello gallaratese, per darle forma insieme. Sarebbe la dimostrazione concreta di volere agire per il bene del nostro territorio e dei nostri concittadini».
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