Pedemontana, il Cipe rimanda la defiscalizzazione
Legambiente lancia un nuovo allarme e chiede a Regione Lombardia una via d'uscita strategica: "Il comitato interministeriale chiede che i soci privati ricapitalizzino prima di procedere. Serve una exit strategy"
Dario Balotta, responsabile del settore trasporti di Legambiente, lancia un nuovo allarme Pedemontana. In una nota diffusa dall’associazione denuncia il rischio che corre l’opera autostradale in fase di realizzazione tra Varese e Bergamo: «Il CIPE ha dato mandato al Ministero dei trasporti di richiedere al concedente dell’opera (Concessioni Autostradali Lombarde S.p.A.) l’adeguamento della convenzione alle prescrizioni del Nucleo per l’Attuazione e Regolazione dei Servizi di pubblica utilità (NARS). L’atto così modificato, una volta sottoscritto dalle parti, verrà esaminato dal CIPE per l’eventuale concessione delle misure di defiscalizzazione».
IL RISCHIO CHIUSURA DEI CANTIERI
Con queste parole il Cipe mette in discussione tutta la sostenibilità e l’impalcatura finanziaria della Pedemontana. La ricapitalizzazione da parte del socio principale, la Serravalle, è la condizione per la ripartenza dell’investimento senza il quale non ci sarebbe nulla da defiscalizzare ma la concessionaria autostradale non può assecondare questa richiesta perché oberata da debiti e vicina al default. Lo stesso Marzio Agnoloni, presidente di Serravalle, lo ha sottolineato in una recente intervista: «Privati e banche devono fare la loro parte e finanziare l’opera, altrimenti rischia di doverceli mettere tutti lo Stato».
«Il CIPE non ha approvato ma solo rinviato la defiscalizzazione di 480 milioni – dichiara Dario Balotta, responsabile Trasporti Legambiente Lombardia – prendendo atto del duro commento dei NARS (organismo tecnico del Ministero) che contesta molte delle richieste di Pedemontana, impone condizioni stringenti per la defiscalizzazione e richiede modifiche radicali al piano finanziario proposto per l’infrastruttura. Le richieste di Pedemontana non sono affatto dovute ma sono da ritenersi richieste di un soggetto privato che non ha rispettato i propri impegni, ed è giusto che l’autorità pubblica tuteli l’interesse generale visto che da due anni sostiene l’opera all’80%, coprendo i mancati investimenti privati (aumento di capitale di almeno 270 milioni) dei soci, Serravalle in primis e delle banche. E’ bene che la Regione studi un’uscita strategica da questa maxi-opera – insiste Balotta – visto che c’è il rischio che tutto si fermi definitivamente lasciando sul territorio una ferita gigantesca fatta di opere interrotte, cantieri abbandonati e decine di imprese chiuse».
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