Ubi Banca parla ai soci: il valore siete voi
I vertici del gruppo bancario hanno presentato i risultati e le modifiche statutarie che ne cambieranno la governance
Anche per le banche, come per le persone, ci sono momenti in cui tutto gira bene. Per il gruppo Ubi Banca e la sua ammiraglia, la Banca Popolare di Bergamo, le cifre presentate alle Ville Ponti dal consigliere delegato Victor Massiah, dicono questo. Di fronte a una numerosa platea di soci e con alle spalle una scenografia decisamente vintage, il consigliere con i suoi numeri riesce a trasformare la crisi in una parabola, dove la verità non si nasconde all’evidenza. Ad esempio, il famigerato credit crunch si riduce a luogo comune se pensiamo che nel 2007, quindi prima della crisi, i prestiti all’economia erano pari a 1.673 miliardi di euro, diventati 1.851 miliardi nel 2013 (+ 10,6%). Le sofferenze, ovvero i soldi prestati che non sono più tornati alle banche, sono schizzate da 47, 2 a 147,3 miliardi di euro (+212,1%), quelle sugli impieghi alle imprese hanno subito una variazione pari al 241,7%. «Sono aumentati gli spread – ha spiegato Massiah – non i tassi in valore assoluto. È diminuita la domanda interna in parte compensata, a partire dalla metà del 2011, dall’aumento della domanda estera. Se riparte quella interna, state tranquilli che le banche seguiranno».
In questo quadro il ruolo principale è interpretato dai paesi emergenti che da una parte guardano ai consumi del modello occidentale, dall’altra sono lontani anni luce rispetto a quel sistema di diritti e di tutele. E il welfare, oltre a non essere gratuito, crea disparità competitive difficili da colmare nel breve periodo. «Noi non teorizziamo l’eliminazione del welfare – ha continuato il consigliere – ma sappiamo che c’è un macro assestamento che ci porteremo dietro a lungo e del quale non possiamo dare colpa a nessuno. Chissà come finiva se 6 miliardi di persone si fossero ammassate ai nostri confini contro 1 miliardo di persone?».
L’aumento di capitale di un miliardo fatto nel 2011 ha fruttato al gruppo tre primati: è il più patrimonializzato (12,6%), è al primo posto per quanto riguarda i crediti verso clientela per dipendente (4.883 milioni di euro) e per raccolta diretta per dipendente (5.051 milioni di euro). Le performance da migliorare sono ancora tante e la via scelta è di crescere sul piano della qualità interna più che su quello delle acquisizioni perché, come ha ricordato il presidente della Popolare di Bergamo Giorgio Frigeri, «Il target di Ubi Banca è in continuo movimento».
Il Consiglio di Sorveglianza (Cds) il 19 dicembre scorso ha annunciato il progetto di modifica dello statuto, approvato il 13 marzo dalla Banca d’Italia. Andrea Moltrasio, presidente del Cds, ha tranquillizzato subito i presenti, sottolineando che il progetto modernizza la governance del gruppo bancario senza sacrificare gli interessi di nessuno, soprattutto quelli dei dipendenti/soci, principali artefici dei risultati del gruppo. «La forza di una banca popolare – ha detto Moltrasio – è la presenza di una pluralità di soci e la loro vicinanza e partecipazione alla vita della banca. Un valore da preservare, evitando polarizzazioni».
Tra gli obiettivi della riforma dello statuto c’è l’eliminazione dei conflitti d’interesse tra socio e ruolo ricoperto, la valorizzazione della territorialità e non dei localismi, la partecipazione informata all’assemblea, il miglioramento dei profili selettivi dei componenti degli organi collegiali e l’efficienza degli stessi, la ricerca dell’effetto disciplinatore dei mercati che in termini di risultati vuol dire maggiore solidità patrimoniale, redditività sostenibile e apprezzamento del titolo nel medio e lungo periodo. Tra le maggiori novità c’è il possesso minimo di 250 azioni per essere socio, adeguamento che dovrà avvenire entro il 19 aprile 2014.
Tra poco meno di un mese la parola passerà all’assemblea dei soci.
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