Alafaci, primo giorno al Giro: “In salita tutto diventa più difficile”
Il 23enne di Carnago pronto a fare l'esordio assoluto nella corsa rosa. "Sono tranquillo e pronto per aiutare la squadra. Ambizioni personali? Ora no: vedremo più avanti"
Nella carriera di ogni sportivo ci sono alcuni giorni speciali. Quello di oggi – venerdì 9 maggio – è di certo uno di quelli per Eugenio Alafaci: il 23enne di Carnago, tesserato per la squadra americana Trek, farà il suo esordio assoluto al Giro d’Italia coronando così il sogno di tutti i ragazzi che iniziano gareggiare in sella alla propria bici. Alafaci è il terzo varesino al via della corsa rosa, insieme ai “due Ivan” (Basso e Santaromita) e come ogni buon apprendista ha ricevuto i compiti da portare a termine in gara e si appresta a pedalare con grande responsabilità.
Eugenio, come sta vivendo questa prima volta da “girino”?
«Devo dire bene, mi sento molto tranquillo ma forse aiuta anche la situazione. Al posto di cominciare in Italia siamo in Irlanda, ci sono nebbia, vento e non fa caldo: diciamo che tutto questo induce al riposo e alla tranquillità più che ad altro».
Lei è alla terza stagione da professionista, ma alla prima in una squadra World Tour. In questi anni quali sono le principali differenze che ha trovato nei suoi “colleghi”.
«Le corse cambiano radicalmente quando iniziano le salite: il ritmo di certi corridori diventa davvero incredibile quando la strada si impenna, è lì la grande differenza tra il ciclismo di primo piano e il resto. In pianura, in situazioni particolari come le tappe ventose, tutto sommato si gareggia allo stesso modo, la salita invece è tutta un’altra storia».
Lei è un passista veloce, quasi uno sprinter: in salita come se la cava rispetto alla media di quelli con le sue caratteristiche tecniche?
«Nella media dei velocisti, quindi credo che farò gruppo con loro nelle giornate più dure. Sinceramente credevo di fare un po’ meglio di molti sprinter, ma l’esperienza fatta al Giro di Romandia ha un po’ ridimensionato questo mio pensiero. Pazienza, i miei compiti saranno altri».
Guardando la cartina, qual è la giornata che le incute più timore?
«Quella che, a vario titolo, è temuta un po’ da tutti: la tappa di martedì 27 maggio, quella che segue il giorno di riposo e che prevede Gavia, Stelvio e Val Martello. Se si andrà con ritmi alti fin dall’inizio, saranno dolori seri. E noi velocisti, sotto sotto, confidiamo nella neve per un accorciamento (ride!)».
Veniamo a quelli che saranno i suoi compiti in gara.
«Quello principale è il supporto al mio amico Giacomo Nizzolo che è il principale velocista della Trek. Dovrò pilotarlo negli sprint per fargli guadagnare la posizione migliore in vista del traguardo. Poi, comunque, anche io dovrò spendermi per gli uomini di classifica: non potendo farlo in alta montagna, sarò comunque tra i primi a entrare in azione all’inizio delle salite per “proteggere” Kiserlovski e Arredondo».
Ci sarà spazio anche per qualche azione personale?
«Più avanti, penso di sì, ma al momento non ci sono piani. In questi giorni abbiamo preparato le prime tre tappe che si corrono qui in Irlanda, poi penseremo al resto. Ci siamo anche allenati bene per la cronosquadre di apertura, non siamo un team che punta alla vittoria ma possiamo comunque fare bene».
C’è, tra i corridori iscritti a questo Giro, qualcuno che lei ammira in modo particolare
«Non c’è quello cui più di tutti mi ispiro e cioé Fabian Cancellara di cui ho la fortuna di essere compagno di squadra quest’anno. Ci sono però tanti altri grandi corridori che mi fa molto piacere affiancare, e che in qualche modo mi sembra strano che gareggino insieme a me. Nomi? Beh, soprattutto quelli che faranno classifica: Rodriguez, Evans, Quintana, i nostri conterranei Santaromita e Basso con cui mi capita spesso di scambiare qualche parola. Insomma, stare qui è davvero bello».
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