Disoccupazione ai massimi ma “il Pil tornerà a crescere”
La "situazione del Paese" fotografata dall'Istat, tra previsioni di crescita per i mesi che verranno e livelli occupazionali in continuo calo

Cala il Pil italiano e cresce la disoccupazione. Sono solo alcuni dei trend che emergono dal rapporto annuale dell’Istat sulla “Situazione del Paese“.
Nel 2013, si legge nel documento, il Pil in volume italiano si è contratto nuovamente (-1,9%), riportando il livello dell’attività economica leggermente al di sotto di quello del 2000; nel quarto trimestre si è registrato un timido segnale di ripresa economica dopo nove trimestri consecutivi di contrazione dell’attività (+0,1% su base congiunturale). Tuttavia, la stima flash relativa al primo trimestre del 2014 ha evidenziato una nuova flessione (-0,1%).
Nel 2013 l’occupazione è diminuita di 478 mila unità (-2,1% rispetto al 2012), è il calo più elevato dall’inizio della crisi. Contemporaneamente, il tasso di disoccupazione ha continuato a crescere, dal 10,7% del 2012 al 12,2%. Il numero di disoccupati in Italia è raddoppiato dall’inizio della crisi, nel 2013 arriva a 3 milioni 113 mila unità. In quasi sette casi su 10 l’incremento è dovuto a quanti hanno perso il lavoro, con l’incidenza di ex-occupati che arriva al 53,5% (dal 43,7% del 2008).
I giovani sono il gruppo più colpito dalla crisi: i 15-34enni occupati diminuiscono, fra il 2008 e il 2013, di 1 milione 803 mila unità, mentre i disoccupati e le forze di lavoro potenziali crescono rispettivamente di 639 mila e 141 mila unità. ll tasso di occupazione 15-34 anni scende dal 50,4% del 2008 all’attuale 40,2%, mentre cresce la percentuale di disoccupati (da 6,7% a 12%), studenti (da 27,9% a 30,7%) e forze di lavoro potenziali (da 6,8% a 8,3%). Le differenze di genere sono importanti: il tasso di occupazione è al 34,7% tra le donne e raggiunge il 45,5% tra gli uomini.
Tra gli indicatori presentati emerge inoltre che la spesa per consumi delle famiglie è calata per il terzo anno consecutivo (-2,6%), seppure con un’intensità minore rispetto a quella del 2012 (-4%). Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in termini reali (cioè il potere di acquisto delle famiglie) ha registrato in media d’anno un calo dell’1,1% (rispetto al -4,6% del 2012). Nel 2013 l’inflazione è calata nettamente, in un quadro caratterizzato dal perdurare della fase di recessione economica e di debolezza della domanda di beni di consumo. Nella media del 2013, il tasso di crescita dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività si è più che dimezzato, scendendo all’1,2% dal 3% del 2012.
Non tutti i dati sono però negativi: nel 2014 si prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) italiano pari allo 0,6% in termini reali. Per il biennio successivo, la crescita dell’economia italiana si attesterebbe all’1% nel 2015 e all’1,4% nel 2016. Queste previsioni sono tuttavia soggette a rischi e incertezza derivanti dall’andamento della domanda globale, dalle condizioni di accesso al credito e dagli effetti delle politiche economiche. Nel 2014 la crescita del Pil sarebbe guidata in larga misura dal contributo della domanda interna al netto delle scorte (+0,4 punti percentuali). Quest’ultima troverebbe sostegno nella risalita della spesa per consumi delle famiglie (a sua volta supportata da un incremento del reddito disponibile nominale superiore all’inflazione) e dal recupero dei tassi di accumulazione, grazie alle aspettative di ripresa del ciclo economico, nell’ipotesi di una graduale distensione delle condizioni di accesso al credito. Negli anni successivi, aumenterebbe il supporto fornito dalle componenti interne di domanda (+0,9 punti percentuali nel 2015, +1,3 punti percentuali nel 2016) grazie al rafforzamento della dinamica dei consumi e degli investimenti.
Nonostante la crisi infine, tre imprese su 10 hanno mostrato forti segnali di espansione occupazionale tra il 2011 e il 2013. Questi top performers operano su scala internazionale, hanno relazioni produttive con altre imprese, tendono a fare innovazioni organizzative e di processo, investono in capitale umano, e (soprattutto) utilizzano in modo efficiente i fattori produttivi. L’efficienza è premiante per le aziende dei servizi (fa aumentare la probabilità di risultare tra i top performers di circa 6,5 punti percentuali) e, in misura più modesta, per quelle del commercio (circa 1,5 punti).
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