Cadde dal balcone, arrestato il fidanzato
Dopo due mesi di indagini, la Polizia ha arrestato il compagno della trentenne precipitata dal quinto piano. Fondamentali le intercettazioni nelle camere d'ospedale: l'uomo cercava di condizionare il ricordo della ragazza
È stato arrestato oggi pomeriggio, mercoledì 11 giugno, il compagno della ragazza precipitata da un condominio in via Sciesa a Gallarate, il 10 aprile scorso. Gli agenti della Sezione Investigativa del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Gallarate hanno arrestato per tentato omicidio Marco Maria Lenzi, quarantaquattrenne nativo di Napoli ma da tempo residente a Gallarate, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Busto Arsizio su richiesta del Pm Rosaria Stagnaro. L’uomo (che era già noto alle Forze dell’ordine per piccoli precedenti per reati contro il patrimonio e per lo stato di tossicodipendenza) è gravemente indiziato del tentato omicidio aggravato della fidanzata R.S., la trentenne gallaratese precipitata nel pomeriggio del 10 aprile dal balcone dell’appartamento di proprietà di Lenzi, al quinto piano di un condominio di Via Sciesa n° 23. La ragazza è sopravvissuta miracolosamente alla caduta, riportando numerose e gravi fratture al bacino, agli arti ed al volto, che hanno richiesto un lungo ricovero in ospedale e diversi interventi chirurgici.
Fin dall’inizio i sospetti degli investigatori si sono concentrati su Lenzi, unica persona presente nell’appartamento al momento della caduta, e la cui versione dei fatti ha destato più d’una perplessità per le varie contraddizioni e lacune: nel corso del lungo interrogatorio notturno condotto dagli inquirenti a distanza di poche ore dal fatto l’uomo non aveva saputo fornire una ricostruzione credibile del momento della caduta, ammettendo però di avere parzialmente assistito alla stessa, e su più punti del suo racconto non si erano rintracciati dei seri e convincenti riscontri. Sotto la direzione della Procura gli agenti hanno dunque acquisito le prime importanti informazioni dai soccorritori e da alcune persone abitanti nel vicinato, dalle quali sono emerse ancora più evidenti le contraddizioni del racconto di Lenzi, ma soprattutto ha iniziato a farsi strada la gelosia sentimentale come movente del suo gesto (nella foto, l’appartamento posto sotto sequestro).
Secondo le informazioni pazientemente raccolte il rapporto tra i due risultava ormai deteriorato da alcuni problemi di droga (tracce di stupefacenti erano evidenti nell’abitazione). La ragazza continuava a vivere presso i propri familiari e frequentava il Lenzi da circa sei anni, aveva confidato ad alcune persone che il rapporto era ormai al capolinea e pensava ad una definitiva interruzione, pur essendo ancora sentimentalmente combattuta; da parte sua il Lenzi, da tempo convinto che la donna stesse per prendere tale decisione, era anche ossessionato dal sospetto che avesse una relazione con un altro uomo. È emerso che c’erano stati episodi di violenza da parte di Lenzi, specialmente all’apice delle sue crisi di gelosia, ma mai denunciati; inoltre, come spesso accade, la donna accettava di riallacciare i rapporti nonostante le angherie.
Nel tardo pomeriggio del 10 aprile, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, proprio al culmine di una di queste crisi, probabilmente scatenata da una telefonata della ragazza ad un conoscente, e complici anche gli effetti del consumo di droghe, il Lenzi l’avrebbe colpita al volto ripetutamente fino a determinarne la caduta dal balcone del quinto piano, per poi inscenare il maldestro racconto di una caduta accidentale.
La dinamica dei fatti ha trovato ampie conferme sia dalle dichiarazioni rese dalla vittima dopo uno stato di coma perdurato oltre tre settimane, che dall’insieme delle conversazioni telefoniche dell’indagato, costantemente monitorate dagli inquirenti; determinanti si sono però rivelate le intercettazioni ambientali nelle camere degli ospedali di Varese e Gallarate in occasione delle visite del Lenzi, durante le quali sono apparsi scaltri e pressanti i suoi tentativi di condizionare i ricordi e le dichiarazioni della ragazza, sia proponendole una versione dei fatti a lui confacente che riavviando l’ennesima ricucitura del rapporto sentimentale.
Il complesso degli indizi a suo carico ha così indotto il GIP ad ordinarne la custodia cautelare in carcere, per l’evidente pericolo di inquinamento delle prove e per il rischio di reiterazione del reato.
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