L’anniversario amaro del massacro di Piazza Tienanmen

Venticinque anni fa l'eccidio dei manifestanti che chiedevano una svolta riformista. Oggi come allora, in Cina è proibito ricordare quei giorni

A poche ore del venticinquesimo anniversario delle proteste di Piazza Tienanmen, l’artista Guo Jian è stato arrestato dalle autorità cinesi per un’opera che commemora l’evento. 
La "colpa" di Jian è quella di aver rapprentato una riproduzione in scala della piazza coperta di carne macinata (nella foto a fianco).
Un esplicito riferimento al massacro che, il 3 e il 4 giugno del 1989, venne perpetrato dall’esercito cinese contro i cittadini che manifestavano da settimane contro il governo autoritario della Repubblica Popolare cinese. Secondo quanto riportato da Rai News.it, il ministero degli Esteri australiano ha dato comunicazione ufficiale sulle sorti del 52enne Guo Jian, nato in Cina ma con cittadinanza australiana, prelevato dalla sua abitazione di Songzhuang, una zona alla periferia est di Pechino in cui risiede. L’arresto è avvenuto a pochi giorni dalla pubblicazione sul Financial Times dell’opera "The Square", la piazza.

Un fatto che conferma come, a 25 anni di distanza da quei tagici eventi, la Cina rimanga un paese in cui manifestare liberamente il proprio pensiero sia pressoché impossibile.
Ma cosa avvenne tra il 3 e il 4 giugno di quel fatidico 1989? Per capirlo bisogna fare un passo indietro. 
Il 22 aprile di quell’anno studenti, intellettuali e operai, scendono in piazza Tienanmen per chiedere un confronto riformista al Partito Comunista Cinese. Una richiesta avanzata subito dopo i funerali del segretario di partito, Hu Yaobang, morto agli inizi del mese e volutamente ignorata dai vertici del partito. La tracotanza di Li Peng, primo ministro dell’epoca, ostinato a ignorare il dialogo con i manifestanti, scatena la protesta degli studenti. Viene proclamato lo sciopero dell’Università di Pechino. La decisione degli studenti provoca la reazione del vecchio Deng Xiaoping, leader dal pugno di ferro e molto influente nel PCC. Deng accusa i manifestanti di essere dei facinorosi al servizio delle forze nemiche della Repubblica. È muro contro muro.

A metà maggio migliaia di persone occupano piazza Tienanmen e iniziano uno sciopero della fame a oltranza. Negli stessi giorni la visita ufficiale di Mikhail Gorbaciov per la riconciliazione tra Unione Sovietica e Repubblica popolare cinese, attira sul movimento le televisioni di tutto il mondo. I manifestanti rilasciano dichiarazioni e interviste. 
Verso la fine del mese al centro della piazza, ormai trasformata in un enorme campeggio, viene eretta la statua della Dea Democrazia realizzata dagli studenti dell’accadamia di Belle Arti. La protesta si diffonde in altre città. Il movimento inizia a spaventare i vertici di Partito.

 

Il 19 maggio Deng Xiaoping impone la legge marziale. La situazione precipita: l’incertezza dei vertici comunisti si risolve con le dimissioni del segretario del partito Zhao Zhiyang e la decisa reazione di Deng e del primo ministro Li Peng che ordinano all’esercito la definitiva repressione della protesta di Piazza Tiennmen. Il numero delle vittime non è ancora stato accertato, alcune fonti parlano di centinaia di morti altre arrivano a stimare fino a 12mila vittime. Tra queste anche il cosiddetto "Rivoltoso sconsociuto" il simbolo di quei giorni, che disarmato si frappose tra i manifestanti e i carrarmati che puntavano sulla piazza. 
 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 03 Giugno 2014
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