A settant’anni diventa papà di un museo
Si chiama “La fornace degli artisti” ed è uno spazio aperto e fruibile a chiunque. Lo ha realizzato Giorgio Robustelli, discepolo di un’antica arte
Mettersi in gioco a settant’anni: può voler dire tutto o niente. Per Giorgio Robustelli significa mettere al mondo un museo. Le sue mani (nella foto, al lavoro), abituate alla ceramica e ai colori, lo stanno facendo proprio in quesiti giorni all’esterno della Fornace Ibis, che a Cunardo non è stata “solo”, fra Sette e Ottocento, un luogo di cottura di piatti e manufatti: a metà del Novecento ha rappresentato un sinonimo di cultura, passione, integrazione.
Qui, dagli anni 60’ passò il fior fiore dell’arte ceramica italiana, fonte di ispirazione per molti intellettuali, alcuni non avvezzi a questi segni, basti pensare ai memorabili “piatti” allestiti da Piero Chiara in onore di alcuni dei suoi capolavori. Oggi non è più così. Rimane la bottega, l’atelier ceramico di alta fattura che ricorda la casa scapigliata di un artista, ma il “giro” attorno a questa preziosità si è affievolito. «Sono vecchio – esordisce Giorgio Robustelli – le forze cominciano a calare, ma non per questo voglio abbandonare la mia passione. E, soprattutto, mi sono posto una domanda: cosa ne sarà di questa esperienza?».
La risposta è arrivata dalla recente costituzione di un’associazione gli “Amici delle fornaci Ibis” che ha come scopo il rilancio culturale delle fornaci con iniziative incentrate non necessariamente sull’arte ceramica, ma che spaziano anche in altre forme di espressione: sabato prossimo, per esempio, vi sarà una grande iniziativa legata al mondo dell’editoria di qualità e della musica d’arte legata al mondo milanese della casa editrice “Pulcinoelefante”.
Le ceramiche Ibis si trovano a Cunardo, appena fuori dal paese in una splendida cornice incastonata nel cuore delle montagne crocevia di tre mondi verdi: Valcuvia, Valganna e Val Travaglia. Allestire un museo permanente all’aperto, a disposizione di chiunque ogni ora e arricchirlo via via di opere rappresenta una scommessa: non ha paura, il suo ideatore, della stupidità umana rappresentata da possibili vandalismi?
«In realtà questa del museo all’aperto è una provocazione: l’ultimo atto di una preghiera che da tempo rivolgo alle istituzioni e alla società civile, che più o meno suona così: “Guardate che questo posto è della collettività e deve rimanere fruibile a tutti”. Per questo l’allestimento del museo all’aperto vuole essere da sprone per le istituzioni per spingerle ad interessarsi a questo luogo, unico nel suo genere, dove davvero si può fare molto».
Venticinque, trenta opere, per il momento di proprietà di Robustelli, sono già state posizionate (nella foto, alcuni del pezzi già sistemati). A queste se ne aggiungono di nuove man mano che gli artisti sosterranno l’iniziativa. Opere varesine, come quelle di Vittore e Angelo Frattini o di Silvia Monti. Ma anche di artisti stranieri che sono oggi in contatto con Robustelli e che passeranno da Cunardo per contaminare culturalmente questa esperienza. «Il prossimo 14 luglio ospiterò un autore danese interessato a realizzare un’opera per il museo. A fine agosto ne arriverà uno addirittura dalla Cina – spiega Robustelli – . La vera scommessa sarà quella di coinvolgere le nuove leve, piuttosto riottose ad intraprendere questa carriera, che invece rappresenta un percorso denso di sorprese e un’occasione per vivere del proprio lavoro».
A chi è dedicato questo museo? «Non c’è una dedica specifica, direi che intendo questo spazio come un luogo aperto a tutti – conclude Robustelli – . “La fornace degli artisti”: diciamo che se devo darli un nome, si chiamerà così”.
(le foto di questo articolo e della gallery sono state realizzate da Giuseppe Cozzi)
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