“Se il Pd vuole un accordo, faccia un nome”

Matteo Bianchi, segretario provinciale della Lega Nord: noi correremo con il nostro candidato di bandiera. Se però la proposta di Alfieri è seria, ci propongano una figura esterna al Pd e ne parleremo

«Il Pd faccia un nome. Se ci indicherà un proprio iscritto o un persona di area chiaramente vicina al centrosinistra, la proposta sarà rigettata. Se invece vorranno indicare una figura di garanzia e imparziale, allora ne potremo parlare». Matteo Bianchi lascia aperto uno spiraglio per un accordo con il centrosinistra, in vista della scelta del nuovo presidente della Provincia. Se nei giorni scorsi, il segretario provinciale della Lega Nord e borgomastro di Morazzone era stato più categorico, la mezza apertura di oggi è una notizia. Sì, perché la scelta prioritaria della Lega rimane quella di una competizione classica con liste rivali: una destra, una sinistra. Ma la porta non è chiusa: «Apprezzo l’apertura di Alfieri che ha proposto una lista unica, ma se la richiesta del Pd è seria, lo si può valutare solo a fronte di un nome. Quindi, colgo l’occasione per rivolgere un appello al Pd. Il segretario Astuti e il segretario regionale Alfieri escano dalla filosofia politica e ci indichino una persona, se davvero vogliono trovare una convergenza».
Il succo dell’intervista con Matteo Bianchi è tutto qui. Lo spiraglio avrebbe in teoria una logica. Il Pd potrebbe fare un cappotto in tutta la Lombardia, con le elezioni delle Province. La Lega potrebbe vincere a Varese e Sondrio, dove esprime ancora i sindaci del capoluogo, ma forse non ha i numeri. E allora, potrebbe puntare al pareggio.

Segretario, ripartiamo dall’inizio, la vostra scelta prioritaria è quella però di presentare un candidato di bandiera del centrodestra, vero?
«Si, noi preferiamo questa ipotesi. Il "piano b", diciamo, esiste solo se il Pd fa sul serio e dopo aver sentito cosa dice Salvini».

Ma anche nel caso di candidato del centrodestra, è davvero sicuro che sarà lei?
«E’ una collocazione tradizionale della nostra politica locale. Fin dai tempi di Ferrario e Reguzzoni, al segretario provinciale della Lega è stato dato il compito di candidarsi a presidente della Provincia».

Ma sono cambiare tante cose, oggi non è più chiaro neanche il confine del centrodestra… «Sul mio nome l’accordo è a buon punto. Ho coinvolto Forza Italia, Udc e Fratelli d’Italia e mi sembrano ben disposti. Anche con Ncd è in corso un buon dialogo».

Il segretario del Pd Astuti, però, ha detto che non sarà lui il candidato, questa novità in caso di negoziato la escluderebbe dalla rosa dei papabili?
«A logica sì. Ma io non ho l’urgenza di avere quel posto».

Che contenuti avrà questa elezione?
«L’elezione di secondo livello ha temi diversi dall’elezione diretta. Non si tratta di parlare solo agli elettori, ma di parlare anche alle comunità locali, ai territori, ai comuni, che vogliono garanzie sul loro sviluppo futuro. E’ questo il percorso che va fatto. Si sceglierà un sindaco, ma in teoria si può votare anche il commissario uscente».

Tuttavia il meccanismo del voto è complicato, voi ritenete di essere in svantaggio rispetto al Pd?
«Il voto ponderato che sarà utilizzato per l’elezione del presidente della Provincia è come quello per millesimi che si utilizza nei condomìni. Le città più grandi hanno un peso rilevante. Il centrodestra può contare su Varese e Busto Arsizio, il centrosinistra su Gallarate e Saronno. Direi che anche valutando altri fattori, partiamo alla pari».

Quindi contate di potervela giocare?
«Sì, non abbiamo bisogno di una trattativa e possiamo competere. Se si faranno altre scelte lo vedremo, ma la nostra prima opzione rimane la competizione con due liste separate. Sabato comunque ne parleremo a Padova con Salvini. E poi c’è un altro problema».

Quale?
«Il Pd esprime il sindaco del capoluogo in tutte le province, tranne Varese e Sondrio. Vuole dire che in quasi tutte le province avrà probabilmente il presidente, perché quella posizione garantisce una forza nella scelta del candidato vincente. Un presidente del Pd anche a Varese, sarebbe un cappotto che non potremmo mai accettare».

Ma il Pd potrebbe accettare un presidente leghista?
«Non lo so, ma io ho parlato di una figura di garanzia».

E su quali temi poi?
«Io penso ad esempio a una fase costituente in cui le province di confine di area insubrica introducano degli elementi di autonomismo».

Il Pd potrebbe parlare di territori omogenei di confine, difficilmente di autonomismo, non crede?
«Non so, in realtà dovrebbero cogliere i benefici che ai cittadini deriverebbero da forme di autonomismo, anche temperato, su varie tematiche, sia economiche che altro».

LA PUNTATA PRECEDENTE
L’intervista a Samuele Astuti, segretario provinciale del Pd

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 16 Luglio 2014
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