Ambassador Style, la Coca Cola delle tende
A rappresentare l'eccellenza nel settore dei tendaggi, una volta patrimonio di molte aziende del gallaratese, ne è rimasta pressocchè una. Ecco la sua storia, che ha quasi 50 anni
Vent’anni fa il tendaggio nel mondo proveniva da una galassia di aziende di Gallarate, Busto Arsizio e Como. Oggi, a rappresentare quest’eccellenza nel nostro territorio di quelle aziende ne è rimasta pressocchè una. E’ l’Ambassador Style, impresa gallaratese dalla grande storia con i suoi quasi 50 anni di vita (E’ nata nel 1965) e il cui nome richiama vecchie glorie degli anni Cinquanta: più precisamente l’Hotel Ambassador di Napoli, dove l’attuale patron dell’azienda Mario Braga, e allora giovane manager, contattò il primo finanziatore, guarda caso un gallaratese.
Una posizione importante, mantenuta con bravura e capacità di "adeguarsi al mondo" attraverso i momenti esaltanti e le crisi. Essere sempre più esperti, bravi e sapersi inserire nelle nicchie non è però frutto di una ricetta "buona per tutti" ma di talento ed esperienza, che spesso ha radici lontane: «Nei primi anni della mia vita ho vissuto in Uruguay – spiega Braga – Ho frequentato le elementari a Montevideo, dove anche Giuseppe Garibaldi insegnò aritmetica. Mio padre produceva tubi in cemento per impianti fognari e acquedotti. A undici anni, di ritorno dalla scuola, “piazzavo” la merce nei cantieri edili: la mia passione imprenditoriale nasce da lì».
Come si costruisce un piccolo impero imprenditoriale?
«L’imprenditore è un uomo fortemente legato alla sua storia e a coloro che l’hanno saputa interpretare. Un’impresa richiede un mercato che la sorregga, un imprenditore illuminato e discendenti che sappiano leggerne i segnali».
La passione è fondamentale?
«Sì, ma anche l’educazione. Oggi tanti giovani pensano che essere imprenditori significhi Ferrari o Porsche: un imprenditore sbagliato crea solo danni. Imprenditori non si nasce, lo si diventa».
Suo figlio Davide è laureato alla Bocconi di Milano e segue le strategie commerciali dell’azienda; suo figlio Paolo ha fatto altre scelte. Essere imprenditori è una vocazione?
«Sì. Anche se un imprenditore deve tastare il polso alle nuove generazioni e capire le loro intenzioni. Io l’ho fatto con Telemaco, il servizio di “mangement in affitto” con il quale ho “scoperto” la passione di mio figlio Davide».
Lei ha esportato in tutto il mondo: Cina, Indonesia, Australia, Stati Uniti: come ha chiuso i suoi contratti internazionali?
«Faccio un esempio: Una volta partii per una vacanzina a Malta, con mia moglie. In valigia ci misi anche alcuni campioni. Poi affittai un taxi per due intere giornate e chiusi otto contratti per un valore di settanta milioni di lire. E lo stesso accadde a Hong Kong. E poi, mi muovo molto. Volo da quando ho vent’anni: decine di volte in Australia, Sud Africa e negli Stati Uniti, Manhattan la conosco come Milano. Tre settimane all’anno per fare il giro del mondo. Negli anni trionfanti, dal 1970 al 1990, anche un importante fatturato».
Quante crisi ha conosciuto dal 1965 ad oggi?
«Tante, tutte diverse. Ma nessuna come questa: negli ultimi anni sono cambiati il costume e il modo di pensare. Una volta, per esempio, il corredo per le figlie era tutto, oggi le donne si sono accorte che per sposarsi, prima di tutto, serve un marito. E poi, una parola come “guerra” blocca, impaurisce, chiude lo sguardo al futuro».
Secondo lei quali sono le ragioni di questa crisi?
«La prima responsabilità va a noi italiani, che abbiamo venduto i macchinari obsoleti ai Paesi in via di sviluppo, abbiamo formato il personale e abbiamo lasciato che tante lavorazioni nostre diventassero esclusive degli altri. La seconda alla Cina e all’India (che hanno condotto l’Italia al tracollo) e la terza all’euro: che ha fatto del bene ma ha cancellato l’anima vera della competitività nel nostro settore».
Quali sono, secondo lei, i punti di forza del suo essere imprenditore?
«Il mio primo biglietto da visita è la serietà. Poi, la correttezza. Mai lasciare le cose in sospeso: se fai il furbo anche una sola volta, sei finito».
E invece quali sono gli errori che un imprenditore del suo settore dovrebbe evitare?
«Gli investimenti sproporzionati: anche nei momenti migliori non ci si deve abbandonare all’entusiasmo. Poi, mai delegare: non c’è niente di peggio. Un imprenditore dev’essere sempre presente. Tra i miei dipendenti ci sono donne che lavorano con me da più di 40 anni. Mi rendo conto, l’azienda può sembrare un poco “geriatrica”, ma io ne sono orgoglioso perché vivo un rapporto diretto con loro. Forse a volte sono burbero, ma è solo chiarezza: ci si dice tutto e si risolve tutto».
Ad un buon imprenditore serve più intuito o più coraggio?
«Entrambi, come le dosi in un cocktail. Però il coraggio è più importante. Subito dopo arriva l’intuito, che è una qualità più comune. Se ci si pensa, nessuno è portatore di coraggio».
Secondo lei, qual è il valore aggiunto della sua impresa?
«Offrire sempre qualcosa in più. Entrammo nella catena Macy’s di New York con un solo prodotto; finimmo col fornire sedici tipi diversi di tende. Grazie ad una qualità che nel tempo ha registrato una escalation nel gusto, nel disegno, nella fantasia».
Secondo lei, perchè i potenziali clienti nel mondo acquistano le sue tende?
«Sono sul mercato da 50 anni e da allora mi sono occupato di tutto ciò che fa parte del mio settore. Insomma, prima si punta alla qualità. E’ come quando hai sete: prima chiedi una Coca Cola; se l’hanno finita ti accontenti della Pepsi o di un Chinotto. Noi siamo la Coca Cola».
Scheda dell’azienda
AMBASSADOR’S STYLE SRL
Via Mario Greppi, 3
21013 – Gallarate
Tel. +39 0331 794230
Fax +39 0331 795628
ambassador@ambassadorstyle.com
www.ambassadorstyle.com
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