“Dobbiamo isolare gli estremisti”

L'incontro con Ignatius Karigama, vescovo della città di Jos in Nigeria, paese divenuto famoso per gli attacchi degli islamisti di Boko Haram. "Il dialogo deve prevenire lo scontro"

«La comunità internazionale deve isolare gli estremisti in Nigeria». Monsignor Ignatius Karigama è il vescovo di Jos in Nigeria e Presidente della Conferenza Episcopale Nigeriana, l’abbiamo incontrato nei giorni scorsi a Casorate Sempione, dove ha visitato un sacerdote nigeriano che da due anni risiede nel paese (nella foto, con il parroco don Stefano Venturini). La Nigeria è uno dei Paesi in cui più forte è l’offensiva di gruppi radicali islamisti, in particolare di Boko Haram, divenuta tristemente nota anche per il rapimento di 230 ragazze e altri successivi. Monsignor Karigama, oltre a rappresentare i vescovi nigeriani, vive anche a Jos, una delle città sul "confine" tra le due metà della Nigeria.
«È importante fare una distinzione sulla geografia della Nigeria: la Nigeria ha 170 milioni di abitanti ed è divisa tra un Nord prevalentemente musulmano dal punto di vista religioso e un Sud prevalentemente cristiano. Nel Nord ci sono molti gruppi etnici diversi, oltre 400 gruppi in tutta la Nigeria: la tribù prevalentemente è Hausa, la cui lingua è la nostra lingua franca».

«Nel Nord ci sono 19 stati, Boko Haram opera in un unico stato, il Bornu, e in un altro stato confinante: è da qui che organizzano, colpiscono, bombardano, rapiscono. Tra Jos e questa area ci sono 5-6 ore di strada, quando i media riportano che l’intero Nord è sotto attacco di Boko Haram non è vero: gli attacchi sono concentrati in due soli Stati».

Anche a Jos ci sono stati però momenti di violenza. Sono attacchi di Boko Haram?
«Ci sono state delle isolate operazioni: una chiesa è stata attaccata e 14 persone sono state uccise, due anni fa, ma non sappiamo chi fosse, era un attacco con una bomba ed è morto anche l’attentatore. C’è stato anche un altro attacco in un’altra chiesa moderna.  Non significa che non abbiamo altri problemi a Jos, che non dipendono da Boko Haram: ci sono problemi di criminalità, ma anche di anche disagio giovanile».

A maggio però si è parlato di attacchi di Boko Haram fin dentro alla città…
Quando c’è stato il rapimento delle ragazze, c’è stata una grande mobilitazione internazionale, tanti messaggi "Bring back our girls". Boko Haram ha voluto dare alla comunità internazionale una lezione: per questo sono venuti a Jos, nel mercato, hanno piazzato una bomba uccidendo 118 persone. Un messaggio per dire: "non ci potete fare nulla, nè Obama, nè Sarkozi, né la comunità internazionale". È una mia ipotesi».

Ci sono problemi con altri gruppi radicali?
«C’è sempre stata tensione, a Jos e in altre zone del Nord, perché c’è un desiderio dei musulmani radicali di conquistare l’intero Nord e dell’intera Nigeria, per creare uno stato sotto Sharia. Jos è uno dei poche aree che non ha voluto piegarsi e accettare la Sharia, non poteva accettare di essere in uno stato islamico. Per questo c’è sempre stato interesse per loro a conquistare Jos, per questo c’è sempre stato conflitto. Uno scontro che non ha niente a che fare con la religione, ma si nutre di motivazioni religiose. Oggi Jos una città polarizzata, cristiani e musulmani vivono secondo i loro costumi e sono spaventati gli uni dagli altri, questo è il problema»

E in questo scenario, al di là dei gruppi radicali, ci sono forze che credono nel dialogo?
«Sì, ci sono persone che vogliono il dialogo. A causa di questa polarizzazione ogni piccola cosa – anche un semplice litigio tra due ragazzi di religione diverse, per un mango o una bicicletta o qualsiasi altra cosa- diventa uno scontro religioso.
A dispetto di questo, stiamo cercando, come leader religiosi, per portare armonia e comprensione. Voglio che la gente abbia chiaro una cosa: la strada che stiamo facendo non andrà perduta per colpa di Boko Haram, che è una cosa completamente diversa, un gruppo di persone inumane e irrazionali, pronte a venire a Jos per distruggere e uccidere. Noi abbiamo i nostri problemi, ma il nostro percorso va avanti, con i nostri amici leader musulmano, abbiamo la JNI sigla dei gruppi musulmani e la Cristian Association of Nigeria.  È stato difficile far incontrare i leader religiosi cristiani e musulmani, ma noi credevamo che fosse possibile. Anche i giovani hanno momenti di incontro comune: durante il Ramadan per esempio la gioventù cristiana ha partecipato con i ragazzi musulmani il giorno della rottura del digiuno.  Abbiamo molte ONG che stanno lavorando per la pace, credo stiano facendo grandi passi in avanti».

«Come chiesa cattolica siamo convinti di dover portare avanti questo progetto: per questo abbiamo fondato una scuola dove giovani cristiani e musulmani possono vivere e imparare professioni diverse. Per due anni vivono insieme nei dormitori e nelle classi, imparano il valore di vivere insieme e capirsi, capire il valore della convivenza e del dialogo contrapposto al conflitto. Abbiamo già avuto tre classi che si sono diplomate, è un segnale piccolo, è difficile ma molto importante Abbiamo un centro di dialogo che ho avviato due anni fa funziona molto bene, lo chiamo tempio della pace, dove giovani, donne, leader religiosi e etnici possono incontrarsi e diventare pro-attivi, mobilitando ed educando le persone prima che scoppino scontri. Ci si trova e ci si chiede: dove vediamo un possibile pericolo o delle tensioni? Non si può aspettare gli scontri per intervenire».

Che tipo di intervento dovrebbe venire dal resto del mondo di fronte alle violenze in Nigeria?
Boko Haram è concentrato nello stato del Bornu, da qui agiscono. Ma è una forza che non è visibile, usa la guerriglia, potrebbe essere ovunquei. Gli sforzi degli Usa e dell’UE, gli appelli, non hanno effetti diretti, Boko Haram ha risposto come dicevo. I paesi stranieri devono invece usare la loro intelligence per trovare dove sia Boko Haram, in Nigeria ma anche all’estero, perché ci sono Paesi che stanno sostenendo Boko Haram. Il migliore aiuto sarebbe identificare e fermare i flussi di denaro e di equipaggiamento (Boko Haram ha camion nuovi e persino armi antiaeree). Non si tratta di muovere grandi forze, ma di togliere forza ai rifornimenti, ai flussi di denaro, isolare.

Si accennava a problemi economici, alla povertà e alla criminalità: c’è un nesso con la capacità di Boko Haram di arruolare? C’è anche una questione economica o solo ideologica?
«È più pazzia ideologica: che vantaggio hai dall’uccidere persone che vendono le loro povere cose al mercato? È solo irrazionalità e disumanità che li spinge a fare questo. Vogliono che la Nigeria sia islamica, ma che genere di Islam è questo? Dicono che l’Islam è pace, ma come possono dire che si porta pace uccidendo persone? È fanatismo: un fanatico che ha dimenticato il suo obbiettivo ma raddoppia il suo sforzo».

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Pubblicato il 08 Agosto 2014
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